Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Altri quattro come Loris, servono 2.700 euro al mese per un’assistenza decente»
Parlano gli esperti e l’ex assessore. La procura chiede una relazione
Ha commosso e indignato l’Italia la storia di Loris Bertocco, militante dei Verdi, conduttore radiofonico e giornalista, attivista dei diritti dei disabili di Fiesso d’Artico che a 59 anni, paralizzato da 40 e cieco, mercoledì mattina ha volontariamente smesso di vivere nella clinica della dolce morte Dignitas a Zurigo. Ha fatto il giro di tutte le bacheche social il suo memoriale che accusa la Regione di non avergli dato soldi sufficienti a pagare un’assistenza 24 ore su 24 e il Parlamento di aver accantonato la legge sul fine vita. «Credo in questo momento che la qualità della mia vita sia scesa sotto la soglia dell’accettabilità – ha scritto – e penso che non valga più la pena di essere vissuta». Il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi sta monitorando la vicenda: «Attendiamo una relazione, poi decideremo il da farsi», ha detto ieri.
«Il suo gesto e il memoriale erano un grido d’aiuto non per lui ma per gli altri - spiega la sorella Lorella - per chiedere al Paese uno scatto culturale verso i disabili e i loro bisogni. Ci ha raccomandato di portare avanti i suoi valori».
Nella selva reazioni non c’è la voce della Regione Veneto. Era il 2011 quando Loris iniziò a chiedere con insistenza che palazzo Balbi gli desse più di 1.000 euro mensili per poter pagare due assistenti, il governatore era Luca Zaia e l’assessore al sociale Remo Sernagiotto. Loris racconta che l’assessore andò a visitarlo ma non capì la sua situazione. «Ero stato a casa di Loris, sì, ero andato con la mia Mini Minor – conferma l’europarlamentare ora indagato per il caso di Ca’ della Robinia - Mi spiace molto che sia andato in Svizzera a morire ma secondo me la Regione aveva fatto il massimo: lui aveva una pensione da 1.800 euro e con i nostri 1.000 stava meglio di tanti disabili che avevano solo 700 euro al mese».
Bastano 2.800 euro al mese per avere una vita pubblica, una privata e pagare lo stipendio a due badanti? «No», scuote la testa Anna Tabarin, infermiera e fondatrice di Cura con Cura, società nata a Montebelluna tra infermieri privati che offrono sostegno a domicilio a malati, disabili e anziani. «In questo momento seguiamo quattro persone nelle condizioni di gravità di Loris», racconta. Per l’assistenza 24 ore su 24 con due o più persone («Una di riferimento e altre di supporto per evitare che il labile confine tra assistenza e dipendenza venga sorpassato ed evitare il logoramento della relazione», spiega) e la reperibilità infermieristica notte e giorno e l’arrivo a casa per terapie, bagni, crisi respiratorie e altro «la spesa è di 2.700 euro al mese - calcola - Così si riesce ad avere una vita relativamente normale, uscire, andare al bar, sentire la pioggia sull’ombrello, prendere il sole. Vivere, oltre che curarsi. Come voleva Loris. E come dice la Costituzione, che mette sullo stesso piano diritto alla vita e dignità della vita». Il dubbio è se sia giusto che sia la Regione, il pubblico, a pagare. «È giusto - assicura Tabarin Non farsi carico significa la perdita della risorsa umana di Loris e se il pubblico non interviene, sovvenziona le badanti in nero: un costo sociale elevato». Un dettaglio: una delle persone assistite da Cura con Cura ha 2.000 euro al mese dalla Regione. E in Veneto, spiegano dal Movimento Vita Indipendente, sono in otto a ricevere più della soglia massima di 1.000 euro.
Avere una vita pubblica in situazione di grave disabilità è possibile a patto di avere una quotidianità ritualizzata: la sveglia, la pipì, i pasti, la doccia, le terapie vanno organizzati e scanditi. Ed è necessario avere più persone di supporto. Quindi, soldi. «Organizzavamo delle feste a Fiesso per raccogliere fondi per Loris - ricorda Flavio Savoldi di Vita Indipendente Abbiamo combattuto insieme questa battaglia, abbiamo occupato palazzo Ferro Fini con un’assemblea con gli assessori, fatto banchetti e raccolto 13mila firme per chiedere le dimissioni di Sernagiotto. Era inadeguato al ruolo di indirizzo politico e aveva una visione miope: non servono milioni per garantire una vita piena e attiva. I soldi c’erano ma venivano stanziati per iniziative allucinanti. Una la bloccammo». Era il progetto «Aiutati», voluto da Sernagiotto per installare colonnine ai parcheggi per disabili: gli utenti potevano illuminarle con un telecomando e avvisare i presenti che nei dintorni c’era una persona bisognosa di aiuto. Il movimento Vita Indipendente andò a spiegare a tutti i sindaci che il progetto non era utile ed era meglio non presentare domande per il bando. «Spiegammo di persona anche a Zaia: rimase molto colpito. La delibera regionale fu ritirata per mancanza di adesioni al bando - ricorda Savoldi - Il Veneto ha applicato bene la legge sull’assistenza personalizzata ma il fondo da 106 milioni è fermo da
L’amico Flavio Savoldi Il fondo regionale è insufficiente e la Regione spendeva per bandi inutili come «Aiutati»
dieci anni: andrebbe raddoppiato, alzato a 2.000 euro il massimo e introdotto un minimo. Abbiamo illustrato il progetto ai tecnici, attendiamo una convocazione dall’assessore Manuela Lanzarin». Savoldi ieri ha mandato via mail il memoriale di Bertocco alle migliaia di iscritti al movimento. «Ogni giorno è una sofferenza, mi diceva, non ce la faccio più. Me ne andrò. Ma non in silenzio».
«In Loris ho riconosciuto la passione da militante politico dice Marco Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni che l’8 novembre andrà a processo per aver accompagnato a Zurigo dj Fabo - Mi ha toccato la chiarezza con la quale spiega che non c’è contraddizione tra lottare per avere una vita dignitosa e lottare per una fine dignitosa. Il Senato può approvare la legge sul fine vita: si dimetta la relatrice, decadono gli emendamenti e si vada in aula».