Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Lo spin off diventa grande: i successi
Da Personal Genomics a Julia ed eVS, le società vincenti nate dall’ateneo veronese
Da start up a spin off. Dietro a due popolari sigle new tech si cela un passaggio fondamentale per un’idea vincente. Prima l’impresa nasce sulla carta, sotto forma di idea, poi si concretizza in un’«incubatrice».
A Verona, questo ruolo è svolto spesso e volentieri dall’università, nella maggior parte dei casi con dei professori che ci scommettono sopra con un po’ di capitale. Molte di queste crescono fino al punto da staccarsi e diventare indipendenti, altre muoiono, ma il know how non viene mai disperso.
A partire dal 2005, quando è stato provata per la prima volta la formula, si sono costituiti, a Verona, 25 spin off. Venti sono tuttora attivi: tre nel settore socio-economico, sette nel settore informatico e dieci nel settore delle biotecnologie. Tra questi ultimi c’è uno dei fiori all’occhiello dell’ateneo: Personal Genomics che, grazie a un importante investimento (un sequenziatore in grado di leggere l’intero Dna) è in grado di elaborare kit predittivi di alcuni patologie: recentemente è stata acquistata da un colosso internazionale, il gruppo Sol.
Stessa (fortunata) sorte è toccata a Julia, nata per identificare automaticamente errori nella programmazione (i cosiddetti bug): nel capitale è entrata la Corvallis di Padova. Raramente sono fuochi di paglia: la società più anziana nata in ateneo compie adesso dodici anni. Si tratta di eVS, realtà che si occupa di visione artificiale. A parte un socio senior, ci lavorano solo ex laureati dell’università, sei dei quali sotto i trent’anni. Da quando è nata ha brevettato tre prodotti: un sistema per l’elaborazione di immagini pensato per le automobili, un programma in grado di analizzare il comportamento delle cellule e infine un contatore di persone basato sulla visione stereoscopica, da utilizzare su mezzi di trasporti pubblici, bus o treni.
Tra le più recenti c’è BBZ, fondata da un ex ricercatore dell’ateneo. Lo spin off sposa due specialità dell’ateneo scaligero, la robotica medica, in particolare quella che pratica la laparoscopia, ossia la chirurgia mini invasiva, con l’informatica: il prodotto è una sorta di videogame con cui i chirurghi possono fare pratica.
L’ultima nata è Bactory, fondata quest’anno con un capitale di ventimila euro. Siamo nel campo delle nanoparticelle: in questo caso piccolissimi frammenti di metallo bio-sintetizzati da cellule microbiche (batteri e funghi).
Lo scopo è quello di utilizzarli come agenti disinfettanti antivegetativi e per la rimozione di biofilm: pellicole biologiche dalle diverse applicazioni, si tutte la depurazione delle acque.