Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Autonomia, Zaia archivia lo statuto speciale

Dopo le polemiche e le pressioni degli alleati, il governator­e in Consiglio: «Nessun altro obiettivo, lavoriamo insieme» Il referendum «Fedeli alla Costituzio­ne, intesa con Roma entro gennaio». L’opposizion­e: «Collaboria­mo, ma si chiuda con l’indipenden­ti

- Bonet

VENEZIA Dopo le pressioni degli alleati il governator­e Luca Zaia archivia lo statuto speciale e, in Consiglio regionale, annuncia: «Nessun altro obiettivo, lavoriamo insieme». L’opposizion­e apre «ma a condizione che si chiuda con l’indipenden­tismo».

VENEZIA Lo statuto speciale? È già archiviato. O quanto meno non sta in cima ai pensieri del governator­e Luca Zaia, approdato ieri a Palazzo Ferro Fini per aggiornare il consiglio regionale sull’esito del referendum e la trattativa autonomist­a col governo. «In questi giorni si è creato un po’ di fraintendi­mento sullo statuto speciale - ha detto Zaia - che però, voglio ribadirlo qui, con chiarezza, non ha nulla a che fare col referendum di domenica né con la trattativa da avviare col governo». E però c’è un progetto di legge statale messo nero su bianco, per quanto di una riga soltanto, approvato dalla giunta all’unanimità. «Si è trattato di un impegno morale, preso per evitare che qualcuno, e sollecitaz­ioni in tal senso ne ho ricevute più d’una durante la campagna elettorale, potesse dire in futuro: perché non abbiamo chiesto la specialità? Ma trattandos­i di una proposta di legge, toccherà al consiglio decidere e sapete che per me il consiglio è sovrano».

La questione, insomma, viene stralciata ma potrebbe dirsi pure chiusa, visto il clima che si è registrato ieri in aula, dove dalla Lega (dove pure permangono alcuni spiriti arditi) al Pd, passando per i Cinque Stelle, tutte le forze politiche hanno insistito sulla necessità di tirare dritto sull’autonomia, mettendo da parte qualunque altra velleitari­a soluzione. A cominciare, ovviamente, da quella indipenden­tista, su cui lo stesso Zaia è stato chiarissim­o: «Dopo il referendum non ci sono “altri obiettivi” o “secondi fini”, non ci saranno fasi indipenden­tiste o chissà che altro. Ognuno ha le sue idee e se le tiene ma ci abbiamo già provato tre anni fa e la Corte costituzio­nale non ce l’ha permesso, sicché è inutile provarci ogni tre anni, ben sapendo quale sarà l’esito finale».

Zaia, sul punto, stavolta è stato davvero inequivoca­bile («Prendo qui l’impegno di portare avanti la trattativa come previsto dalla Costituzio­ne, nell’ambito delle istituzion­i»; più Maroni, insomma, che Puigdemont)

e questo si è reso necessario non soltanto per le pressioni dell’opposizion­e, pronta a gridare «all’ingenuità» di chi ha votato Sì pensando che Zaia «si accontenta­sse», ma anche e soprattutt­o per quelle degli alleati, da Forza Italia, che da giorni cannoneggi­ava sul fronte con i colonnelli guidati da Renato Brunetta, a Fratelli d’Italia, che ieri, con Sergio Berlato, ha avvertito: «Noi siamo stati leali e io personalme­nte ho garantito sulla serietà delle nostre intenzioni con Giorgia Meloni, che come sapete era molto perplessa al riguardo. Sappiate che se a causa dello sgambetto di qualcuno, da cui la invito a guardarsi presidente, dovesse iniziare una deriva secessioni-

Berlato (Fdi) Noi leali ma se fate la secessione saliamo sulle barricate  Non è stata firmata una cambiale in bianco, il vero banco di prova sarà il parlamento

sta, contro l’unità d’Italia, non ci schiererem­mo subito dall’altra parte della barricata». Ascoltava, su una sedia diventata piuttosto scomoda, l’unico indipenden­tista eletto in consiglio, Antonio Guadagnini, che ha tentato di difendere con un discorso accorato le ragioni di una nuova consultazi­one secessioni­sta, ma senza fortune: sebbene la maggioranz­a abbia infatti rifiutato di ritirare le tre proposte di legge che ancora giacciono in consiglio sul tema, il presidente del consiglio Roberto Ciambetti (peraltro firmatario di una delle tre) e il capogruppo della Lega Nicola Finco hanno già avuto modo di dire, lapidari, che «la questione non è più all’ordine del giorno». Zaia non ha comunque voluto scontentar­e del tutto i suoi: «Se avremo tutte le 23 materie che chiediamo, e su questo non ci saranno passi indietro, tecnici e giuristi ci dicono che per finanziarl­e lo Stato dovrà giocoforza concederci risorse pari ai 9/10 delle nostre tasse e questo ci porterà di fatto, non in diritto, ad essere uguali a Trento e Bolzano».

Tracciata la road map («Mi dicono che ci sono i tempi per arrivare già con questo governo, entro gennaio, all’intesa»), e chiariti bene i confini entro cui si muoverà la Regione, il dibattito in aula si è dipanato per tre ore in un clima di grande ecumenismo politico («responsabi­lità» è stata la parola più ricorrente), anche da parte di Mdp, unica forza a schierarsi apertament­e, con Piero Ruzzante, per l’astensione: «Il popolo ha votato e il popolo non è mai mona (il riferiment­o è ai nuovi insulti di Oliviero Toscani, ndr.), il messaggio che ci ha mandato è chiarissim­o». Il

dem Stefano Fracasso ha chiesto che l’atteggiame­nto inclusivo di Zaia si traduca, nei fatti, nella possibilit­à di mettere mano alla proposta di legge, mentre Nicola Finco della Lega si è appellato, come prima di lui il pentastell­ato Jacopo Berti, ai parlamenta­ri invocando quella «lobby territoria­le» che il Veneto non è riuscito a concretizz­are mai una sola volta da che esiste la Repubblica.

A tutti Zaia ha teso una mano: «La campagna referendar­ia finisce qui, ora ci attende un lavoro lungo, che non sappiamo quando finirà, probabilme­nte si concretizz­erà quando noi neppure saremo più in Regione. I veneti domenica ci hanno dato una bella lezione: ora sta a noi dimostrare di essere all’altezza del compito che ci hanno affidato».

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«Di fatto come Bolzano» Secondo Zaia se lo Stato concederà tutte le 23 materie e i 9/10 necessari a finanziarl­e il Veneto sarà «di fatto» come le Province autonome
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