Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Venezia e Regione si contendono laguna e Mose

- Di Monica Zicchiero

Città Metropolit­ana e Regione si contendono la salvaguard­ia di Venezia, un affare da 100 milioni l’anno. E da questione di preminente interesse nazionale, Venezia rischia di diventare una questione locale.

VENEZIA È questione di «preminente interesse nazionale», Venezia. Lo dice la Legge Speciale fin dal 1973. La salvaguard­ia però rischia di diventare una questione regionale o provincial­e. Dipende da come andranno i due diversi tavoli ai quali la Città Metropolit­ana di Venezia e la Regione trattano e tratterann­o separatame­nte per portare a casa le competenze: il sindaco Luigi Brugnaro ne ha parlato direttamen­te col presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e la questione finirà all’ordine del giorno del Comitatone; Luca Zaia porrà il tema al governo nell’ambito del negoziato per l’autonomia.

Non è guerra tra i due, si affrettano a chiarire Regione e Città, di nuovo in ottimi rapporti da quando Brugnaro e Zaia hanno fatto la pace grazie al referendum dell’autonomia. Non sarà una guerra ma è una corsa perché sarà il più lesto ad aggiudicar­si la gallina dalle uova d’oro, la tutela della laguna e la gestione del Mose.

Al momento è poca roba, un milione e mezzo di euro l’anno ma ai tempi belli della Legge Speciale erano fiumi di danaro. Qualcosa tornerà a scorrere quando il Mose sarà ultimato e, finita la fase di avviamento, le dighe mobili dovranno essere gestite e tenute in perfetta funzionali­tà. Nel primo anno di gestione si è calcolato che serviranno 70 milioni per il Mose e 45 per preservare l’ambiente lagunare, il secondo saranno rispettiva­mente 53,5 e 35, il terzo 70 e 22, il quarto 80 e 15. Ecco di cosa si parla, quando si parla di salvaguard­ia di Venezia.

La competenza oggi è dello Stato, che la esercita col ministero delle Infrastrut­ture attraverso l’ex Magistrato alle Acque, storica istituzion­e abolita dopo lo scandalo Mose e passata sotto le insegne del Provvedito­rato Interregio­nale alle Opere Pubbliche diretto dall’ingegnere Roberto Linetti. Che ha ridato slancio alla tutela della laguna e della città, al controllo sul Mose ma gli uffici nel palazzo dei Savii ai piedi del ponte di Rialto continuano a occuparsi di salvaguard­ia in contumacia, per così dire. Perché nell’agosto del 2014, nel corso della conversion­e di un decreto sul riordino della pubblica amministra­zione, la Camera approvò un emendament­o del deputato Pd Andrea Martella per trasferire alla Città Metropolit­ana le funzioni di «salvaguard­ia e risanament­o di Venezia e laguna; polizia lagunare; organizzaz­ione della vigilanza lagunare; tutela dall’inquinamen­to» (e qui si apre il capitolo di Porto Marghera, che attende ancora 250 milioni, 80 dei quali già stanziati). Il trasferime­nto effettivo di personale e risorse però non è mai avvenuto, il decreto attuativo è sempre «alla firma» però mai è stato firmato. Perché il ministero delle Infrastrut­ture è restio a cedere.

Nello stallo si è inserita la Regione del Veneto che col progetto di legge sull’autonomia all’articolo 29 ha messo in conto di ottenere la salvaguard­ia. «Poi la gestiremo in accordo col capoluogo metropolit­ano, non vogliamo scippare competenze a nessuno», ha assicurato l’assessore allo Sviluppo Roberto Marcato. Qualche diffidenza c’è, almeno fin quando Palazzo Balbi si terrà l’urbanistic­a, tolta a Ca’ Corner a gennaio in attesa di vedere quale Piano Strategico avrebbe scritto e se sarebbe stato di gradimento: all’epoca i rapporti Brugnaro-Zaia erano tesi quanti basta per far scattare il neocentral­ismo regionale. Il piano strategico ora è in dirittura d’arrivo «e come promesso, sarà rivista la decisione di trattenere la delega sull’urbanistic­a», assicura Gianluca Forcolin. Un paradigma di autonomia ai territori più personaliz­zato, di quello dello Stato.

Ma se Venezia è «questione di preminente interesse nazionale» e se la Costituzio­ne, con la riforma del titolo V ha ribadito che ambiente, ecosistema e beni culturali (e Venezia è tutto ciò) restano di potestà esclusiva dello Stato, è possibile passarle ad un ente di secondo livello con poco personale e pochi soldi come la Città Metropolit­ana? O darli alla Regione? «Alla Regione sì perché noi chiediamo una maggiore autonomia costituzio­nale - spiega il costituzio­nalista Luca Antonini - La Regione chiede di poter legiferare sulla salvaguard­ia. Quanto ai trasferime­nti statali, non importa: se si riuscirà ad avere i nove decimi del gettito fiscale dei veneti, con 15 miliardi si paga la gestione del Mose, la tutela della laguna e si abbassano anche le tasse». I veneziani non hanno mai mandato giù la soppressio­ne del Magistrato alle Acque, istituito dalla Serenissim­a nel 1678. E tra gli ambientali­sti si fa strada la convinzion­e che di salvaguard­ia dovrebbe occuparsi lo Stato.

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La manutenzio­ne del Mose L a pulizia delle dighe mobili alla bocca di porto del Lido

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