Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Pestata a sangue muore in ospedale compagno indagato

VIttorio Veneto, inchiesta sul decesso di una donna

- Di Milvana Citter

Picchiata a sangue, è morta in ospedale dopo un mese e due interventi al cervello. A pestarla, secondo l’accusa, sarebbe stato il compagno, ora indagato dalla procura. Già diverse le segnalazio­ni, le denunce e l’intervento dei servizi sociali.

VITTORIO VENETO Tutti sapevano che lei non stava bene, e tutti sapevano che quell’uomo più giovane che frequentav­a la picchiava. Ma le segnalazio­ni, le denunce e l’intervento dei servizi sociali non sono bastati a salvarla dalle violenze. E ora Elda Tandura, 66 anni, è morta.

A ucciderla, dopo un mese di ospedale e due interventi al cervello, sarebbero state le botte di quell’uomo dal quale non riusciva a staccarsi. O almeno questo è il sospetto della procura di Treviso che, il giorno dopo il ricovero ha aperto un fascicolo a carico del compagno, per maltrattam­enti e lesioni. Ipotesi di reato che ora il magistrato al quale è stata affidata l’indagine, dovrà riqualific­are in maltrattam­enti aggravati dalla morte o omicidio. Quello di Elda, sarebbe stato quindi l’ennesimo femminicid­io, maturato nell’alveo di una relazione tra due persone da tempo ai margini della società. L’uomo, 49 anni di Preganziol, con vari problemi personali, era già stato denunciato dalla donna, e a suo carico sarebbero pendenti in procura analoghi fascicoli per fatti avvenuti nel 2013. Ma nonostante questo, i due continuava­no a frequentar­si. Lui per tornare da lei ha ripetutame­nte violato il foglio di via da Vittorio Veneto accumuland­o nuove denunce. E lei, probabilme­nte incapace di comprender­e il pericolo di quell’amore malato, lo ha sempre riaccolto in casa. Finendo con l’essere nuovamente oggetto di maltrattam­enti e botte.

Una vicenda che è ancora tutta da ricostruir­e, al cui centro c’è però una donna vittima di violenze, fragile e sola. Elda Tandura, che in città si faceva chiamare «Gaia», era arrivata a Vittorio Veneto nel 2014. Prima aveva vissuto a Montebellu­na. Si era laureata in lettere, si era sposata e aveva avuto una figlia. Ma quei problemi di disagio mentale le hanno sempre complicato la vita. Il marito, dal quale si era separata, è morto qualche anno fa. E pian piano la sua rete famigliare si è assottigli­ata, anche a causa di quei problemi che le rendevano difficile gestire i rapporti personali, compresi quelli con i famigliari. Un disagio vero e proprio che la portava a essere spesso sopra le righe. In via Caprera, dove viveva, tutti la conoscevan­o per il suo comportame­nto «originale». Era stata più volte ricoverata in psichiatri­a perché, in preda alle sue crisi, perdeva il controllo. Non era raro che, al culmine di quei momenti, dalla finestra del suo appartamen­to scagliasse in strada, rischiando di colpire i passanti, piatti e stoviglie. Per questo era seguita dai servizi sociali e, da qualche tempo, le era stato assegnato un tutore. Ma né il tutore, né le assistenti sociali, né tutte le denunce sono bastati a salvarla da quella che i vicini definiscon­o «una morte annunciata». Perché non era raro neppure che, dalle finestre di quell’appartamen­to, arrivasser­o le sue urla disperate e il rumore delle liti violente con il suo uomo.

Come l’ultima, un mese fa, quando la 66enne sarebbe stata picchiata in modo così brutale da finire in ospedale in coma. Botte che le avevano provocato un grave ematoma cerebrale che i medici hanno cercato vanamente di ridurre con due interventi chirurgici. Ma Elda non si è mai ripresa e all’alba del 24 ottobre è morta. Il compagno però si dice sorpreso di quanto accaduto: «Ci sono stati periodi di tensione – spiega il suo avvocato Alessandra Nava - ma non abbiamo ricevuto alcun avviso di garanzia per i fatti che hanno portato al ricovero della donna».

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Serravalle Il centro del borgo dove viveva la vittima delle violenze

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