Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Specialità e 8/10 delle tasse sarebbero incostituz­ionali»

- Alessandro Zuin

PADOVA Professor Sandro De Nardi, docente di Istituzion­i di diritto publico al Bo, perché parlare di Veneto a statuto speciale sarebbe un azzardo costituzio­nale e andrebbe oltre il mandato conferito dagli elettori con il referendum?

«Per rispondere credo sia necessario riavvolger­e il film e ripartire dalla sentenza della Corte Costituzio­nale che lo stesso presidente Zaia ha citato ripetutame­nte. C’è un passaggio specifico in cui la Corte dice di sì al referendum, ma a condizione che “si svolga nelle forme e nei limiti previsti dalla costituzio­ne”. E quella stessa sentenza ha bocciato esplicitam­ente uno dei quesiti proposti, che era relativo per l’appunto allo statuto speciale. Insomma, quella sentenza va letta e rispettata nella sua interezza se vogliamo mantenerci nell’alveo costituzio­nale». La bocciatura riguardava anche la proposta di trattenere

in Veneto i famosi 8/10 del gettito fiscale?

«Certo, un quesito di quel tenore sarebbe stato contrario allo stesso Statuto della Regione Veneto, il quale esclude che un referendum consultivo possa riguardare la materia tributaria. E lo statuto è una fonte vincolante. Sintetizza­ndo: la gente non ha firmato una cambiale in bianco votando sì, a posteriori non ci si può mettere dentro di tutto, perché significhe­rebbe tradire il senso molto preciso del quesito referendar­io, che andava e va letto con gli occhiali della Corte Costituzio­nale».

Oggi il governator­e Zaia rettifica l’obiettivo parlando di una «specialità di fatto», anche se non di diritto, da raggiunger­e sul campo attraverso il negoziato con lo Stato centrale: è un risultato raggiungib­ile? «Se si bada alle etichette, tra gli studiosi in effetti c’è anche chi ha affermato che, attraverso il percorso previsto dall’articolo 116 terzo comma, si potrebbe approdare a una “nuova specialità”. Però il punto importante è legato al fatto che la fonte di questa futura autonomia sarà comunque una legge ordinaria, per quanto rinforzata, e quindi il Veneto non potrà comunque derogare alla generalità delle norme costituzio­nali come invece è consentito agli statuti speciali: hai comunque le mani legate, a cominciare dall’autonomia finanziari­a».

Quindi, quale sarà la qualità di questa autonomia?

«Finora non è stato posto in luce un aspetto: la maggior parte degli studiosi sottolinea che l’eventuale rafforzame­nto dell’autonomia della regione dovrà comunque essere a tempo definito: dopo tot anni potrebbe venir meno. È quasi certo, cioè, che se il Parlamento concederà l’autonomia la legge prevedrà

una scadenza, o meglio la necessità di fare un tagliando: dovrà esserci un momento di controllo su come l’autonomia è stata esercitata e lo stato potrà eventualme­nte riprenders­ela». Non basterà, insomma, il negoziato con il governo.

«Il vero banco di prova sarà quello parlamenta­re. Per questo, anziché alzare muri e il livello di scontro, al Veneto converrebb­e piuttosto costruire ponti politici e istituzion­ali per portare a casa il risultato, senza dare l’idea dell’isolamento e dell’autosuffic­ienza, che è comunque di corto respiro. Il tutto fermo restando che, a mio avviso, ciò che servirebbe al Paese é un’autentica revisione in senso federale, che produca autonomia vera e positiva. Altrimenti, il pallino ce lo avrà sempre e comunque lo Stato centrale. Non facciamoci illusioni».

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