Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Specialità e 8/10 delle tasse sarebbero incostituzionali»
PADOVA Professor Sandro De Nardi, docente di Istituzioni di diritto publico al Bo, perché parlare di Veneto a statuto speciale sarebbe un azzardo costituzionale e andrebbe oltre il mandato conferito dagli elettori con il referendum?
«Per rispondere credo sia necessario riavvolgere il film e ripartire dalla sentenza della Corte Costituzionale che lo stesso presidente Zaia ha citato ripetutamente. C’è un passaggio specifico in cui la Corte dice di sì al referendum, ma a condizione che “si svolga nelle forme e nei limiti previsti dalla costituzione”. E quella stessa sentenza ha bocciato esplicitamente uno dei quesiti proposti, che era relativo per l’appunto allo statuto speciale. Insomma, quella sentenza va letta e rispettata nella sua interezza se vogliamo mantenerci nell’alveo costituzionale». La bocciatura riguardava anche la proposta di trattenere
in Veneto i famosi 8/10 del gettito fiscale?
«Certo, un quesito di quel tenore sarebbe stato contrario allo stesso Statuto della Regione Veneto, il quale esclude che un referendum consultivo possa riguardare la materia tributaria. E lo statuto è una fonte vincolante. Sintetizzando: la gente non ha firmato una cambiale in bianco votando sì, a posteriori non ci si può mettere dentro di tutto, perché significherebbe tradire il senso molto preciso del quesito referendario, che andava e va letto con gli occhiali della Corte Costituzionale».
Oggi il governatore Zaia rettifica l’obiettivo parlando di una «specialità di fatto», anche se non di diritto, da raggiungere sul campo attraverso il negoziato con lo Stato centrale: è un risultato raggiungibile? «Se si bada alle etichette, tra gli studiosi in effetti c’è anche chi ha affermato che, attraverso il percorso previsto dall’articolo 116 terzo comma, si potrebbe approdare a una “nuova specialità”. Però il punto importante è legato al fatto che la fonte di questa futura autonomia sarà comunque una legge ordinaria, per quanto rinforzata, e quindi il Veneto non potrà comunque derogare alla generalità delle norme costituzionali come invece è consentito agli statuti speciali: hai comunque le mani legate, a cominciare dall’autonomia finanziaria».
Quindi, quale sarà la qualità di questa autonomia?
«Finora non è stato posto in luce un aspetto: la maggior parte degli studiosi sottolinea che l’eventuale rafforzamento dell’autonomia della regione dovrà comunque essere a tempo definito: dopo tot anni potrebbe venir meno. È quasi certo, cioè, che se il Parlamento concederà l’autonomia la legge prevedrà
una scadenza, o meglio la necessità di fare un tagliando: dovrà esserci un momento di controllo su come l’autonomia è stata esercitata e lo stato potrà eventualmente riprendersela». Non basterà, insomma, il negoziato con il governo.
«Il vero banco di prova sarà quello parlamentare. Per questo, anziché alzare muri e il livello di scontro, al Veneto converrebbe piuttosto costruire ponti politici e istituzionali per portare a casa il risultato, senza dare l’idea dell’isolamento e dell’autosufficienza, che è comunque di corto respiro. Il tutto fermo restando che, a mio avviso, ciò che servirebbe al Paese é un’autentica revisione in senso federale, che produca autonomia vera e positiva. Altrimenti, il pallino ce lo avrà sempre e comunque lo Stato centrale. Non facciamoci illusioni».