Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Nuova legge elettorale il Pd rischia di perdere due parlamentari su tre Le simulazioni venete: «Non è solo colpa del Rosatellum»
Uno spettro si aggira per i corridoi di Montecitorio e per le sedi del Pd. Soprattutto al Nord. E dopo il referendum di domenica e l’affluenza al voto, soprattutto in Veneto. Dove questo spettro rischia di palesarsi in un temutissimo «cappotto». Confezionato dallo stesso Pd con Ap, Forza Italia e Lega, alleati nell’approvazione della legge elettorale Rosatellum bis, in votazione al Senato. La paura, che ogni giorno si fa più concreta e viene supportata da studi commissionati da deputati e senatori - uno tempo fa dal senatore Fornaro, ieri da due onorevoli a un funzionario del Parlamento e pubblicato da Repubblica - è che con la nuova legge elettorale – che prevede il 36% dei seggi della Camera assegnati col sistema maggioritario in collegi uninominali e il resto, a parte i dodici eletti all’estero, assegnati col sistema proporzionale – il Pd in Veneto rischi, per la quota maggioritaria, di non portare a casa nemmeno un deputato. E come il Veneto anche il resto del Nord. Colpa della difficile situazione politica del Pd – alle ultime regionali al 16,6% - e alla mancanza, all’orizzonte, di alleanze, che per vincere un collegio uninominale sono fondamentali.
Su 50 deputati che il Veneto esprimerà tra Veneto 1 (Verona, Vicenza, Padova, Rovigo) e Veneto 2 (Venezia, Treviso, Belluno), tra i 17 e i 19 circa saranno quelli eletti col maggioritario, tra i 33 e i 31 col proporzionale. «Se il Pd sarà bravo e arriverà al 20% – dice il deputato padovano Alessandro Naccarato – in virtù della quota proporzionale potrebbe fare 6-7 deputati in tutto il Veneto e 3 senatori», visto che anche in Senato circa un terzo dei senatori (il Veneto ne elegge 24) è eletto con collegi uninominali e due terzi con collegi plurinominali su base proporzionale. Insomma nell’ipotesi peggiore il Pd passerebbe dalla pattuglia di 25 parlamentari a quella ipotetica di 9/10. Quasi due terzi in meno. «La legge influisce parzialmente – dice però Naccarato – la vera differenza è la mancanza del premio di maggioranza e il problema politico del Pd in Veneto. O cambia strategia o è avviato a un risultato come il referendum di domenica, dove il Pd ha lavorato per rafforzare la Lega e Zaia invece di intestarsi quel 44% circa di veneti che non sono andati a votare o hanno votato no». La partita, insomma, sarebbe impossibile quasi ovunque. Tranne forse a Venezia città, Padova città e quattro o cinque comuni della cintura urbana padovana. Ma
anche in queste aree, senza alleanze e con gli ex alleati di Mdp contro nel collegio uninominale, si rischia di fare fatica e di regalare al centrodestra roccaforti del voto di centrosinistra. Il dilemma poi non è da poco per il Pd. Ancora. Il Pd non può decidere di mandare al massacro i volti nuovi al
Naccarato La legge c’entra solo in parte Puppato La legge ci penalizza molto al Nord
maggioritario e tenere i nomi sicuri del partito per i collegi plurinominali del proporzionale perché i voti dell’uninominale, con l’impossibilità di fare voto disgiunto, ricadono nella quota proporzionale e se nessuno vota il Pd col maggioritario, il Pd perde voti anche per la quota proporzionale. Dunque, che fare? Qualcuno prova a intravedere un bicchiere un po’ meno vuoto. «Indubbiamente questa legge ci vede penalizzati qui al Nord – ammette la Puppato – molto dipenderà dall’assegnazione dei collegi e da chi correrà, ma in molti avremmo voluto un maggioritario col ballottaggio, purtroppo non avevamo i voti per questa legge. Ma siamo riusciti a mettere insieme una legge elettorale che con tutti i suoi limiti è più rappresentativa del Mattarellum, che aveva la quota proporzionale praticamente rovesciata rispetto al Rosatellum bis e che in Veneto provocò una débâcle. So di qualche senatore del Pd che non l’ha votata, se uno fa i conti su di sé probabilmente non la vota, penso comunque che lo schema che configura il cappotto totale sia decisamente anticipato e poco verosimile. Qualunque legge diversa dal Porcellum, che ha il premio di maggioranza, ci avrebbe visto sotto il 20 per cento. Il difetto di questi modelli elettorali è che portano a sottorappresentare dal punto di vista politico alcuni partiti in determinate aree. Al Nord il Pd, al Centro il centrodestra. Una forzatura che non sarà utile al Paese. Prendiamo l’esempio del Senato: ora siamo in quattro per una regione da 5 milioni di abitanti. Col Rosatellum saremo tre: diventa molto difficile fare rappresentanza».