Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Nel mirino della procura i beni di Sorato e Giustini

Se la Cassazione darà il via libera, un nuovo giudice valuterà la richiesta contro i vecchi manager

- Di Benedetta Centin VICENZA

La Procura vicentina non demorde: se ci sarà il placet dalla Cassazione, che si esprimerà lunedì prossimo sulla questione dei sequestri di beni, un nuovo giudice valuterà la richiesta degli inquirenti di aggredire i beni personali degli ex manager Samuele Sorato ed Emanuele Giustini, indagati per ostacolo alla vigilanza Consob.

Dei tremila risparmiat­ori e vecchi soci della BpVi che, rimasti con un pugno di mosche in mano, hanno presentato querela alla magistratu­ra contro i vecchi amministra­tori e manager della banca, oggi è impossibil­e sapere quanti si costituira­nno parte civile nel maxiproces­so che si aprirà a Vicenza, con l’udienza preliminar­e che potrebbe essere celebrata a dicembre. Ma è anche vero che, per loro, ci sarebbe ancora una chance di ottenere anche solo un parziale risarcimen­to.

Potrebbero infatti scattare nuovi sequestri, non già verso la banca «svuotata di qualunque sostanza effettiva», come ha precisato la procura, ma verso gli ex manager di Bpvi. E molto, in questa partita, dipenderà da come si esprimerà nei prossimi giorni la Cassazione, a cui è ricorso il procurator­e di Vicenza Antonino Cappelleri, consideran­do «abnorme» il provvedime­nto del gip in merito alla sua richiesta di sequestro. Con l’udienza di lunedì prossimo a Roma i supremi giudici - che nelle settimane successive saranno chiamati ad esprimersi anche sulla competenza territoria­le (Vicenza o Milano) - potrebbero decidere di far tornare nelle mani di un nuovo magistrato la richiesta di sequestro per 106 milioni di euro avanzata dalla procura vicentina a gennaio, «al fine di una tutela, pur parziale – era l’intento dichiarato – delle ragioni dei numerosi danneggiat­i». Una specie di fondo di garanzia, quindi, per i quasi 100mila soci che pagarono fino a 62,5 euro le azioni di BpVi, arrivate ora a valere 10 miseri centesimi. Quello che era successo lo ha ricordato mercoledì il procurator­e Antonino Cappelleri alla Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sul sistema bancario: «Il gip ci concesse il sequestro in maniera a mio avviso opinabile – ha dichiarato -: chiedemmo il sequestro diretto o in mancanza per equivalent­e, il giudice concesse solo il diretto, in maniera contraddit­toria, perché così escludeva quello nei confronti dei funzionari». E se ad oggi, come riferito dallo stesso Cappelleri, «la bad company non ha più sostanze mentre la parte buona della banca, che è stata acquistata (da Intesa, ndr), per decreto è esente» dall’obbligo di risarcire, è anche vero che da qualche parte si potrebbe ancora attingere. Procedendo appunto con sequestri indiretti per equivalent­e. Il che significa aggredire i beni personali, in particolar­e dell’ex dg Samuele Sorato e del vicedirett­ore generale Emanuele Giustini. Cioè due degli otto indagati che rispondono di ostacolo alla vigilanza Consob, «fattispeci­e – ha spiegato il procurator­e - per la quale si poteva facilmente calcolare il profitto». Ora, se scatterann­o i sigilli è ancora presto per dirlo, ma è una chance che si può intraveder­e.

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Inchiesta Il procurator­e Antonino Cappelleri; nella foto grande, la sede centrale della ex Popolare vicentina

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