Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Marghera, 60 milioni per il terminal
Lo studio del Porto che ha fatto scegliere il ministro: navi più grandi e minori costi
VENEZIA Navi più grandi, buona viabilità, costi (60 milioni circa) e tempi ridotti, riqualificazione di un’area degradata. Sono questi alcuni dei motivi, contenuti nell’analisi «multicriteria» del Porto, che hanno portato il ministro Graziano Delrio, nel corso del Comitatone di martedì scorso, a scegliere per il futuro delle grandi navi da crociera un nuovo terminal a Marghera, nel canale industriale nord. L’analisi ha ritenuto meno valide le altre ipotesi e bocciato il terminal al Lido.
VENEZIA Primo della classe, in tutte le materie, come a scuola: navi più grandi, buona viabilità, costi (60 milioni circa) e tempi ridotti, riqualificazione di un’area degradata. Il motivo per cui il ministro Graziano Delrio ha deciso, a nome del governo, di puntare su Porto Marghera per il nuovo terminal delle grandi navi è contenuto in una cinquantina di pagine, l’«analisi multicriteria delle alternative per la crocieristica a Venezia». «Dopo tanti mesi di studio e di lavoro molto serio abbiamo trovato una soluzione vera», ha detto Delrio al termine del Comitatone di martedì e chi ne può andare orgoglioso è il presidente dell’Autorità portuale Pino Musolino, l’artefice dell’analisi avviata poco dopo il suo arrivo a marzo.
Il documento, inviato a Roma a settembre, individua infatti come soluzione migliore senza alcun dubbio quel «Canale industriale nord - sponda nord» che è effettivamente stato scelto dal ministro. L’analisi è stata fatta tra 7 ipotesi alternative messe sul tavolo e studiate sulla base delle caratteristiche: dai costi ai tempi, dal numero di approdi fino a elementi più complessi come le interferenze con il traffico commerciale, i rischi di incidente rilevante, la logistica, gli impatti ambientali. Nel documento si spiega con dovizia di particolari le variabili impiegate e vengono stilate cinque classifiche sulla base di vari criteri: un sistema base, l’analisi di alcuni esperti dell’Autorità portuale, la prevalenza degli elementi di efficienza trasportistica, economica o urbanistico-ambientale. I risultati sono poi stati vidimati da un pool dell’Università La Sapienza di Roma, che ne ha certificato la correttezza scientifica.
Il punto di partenza è ovviamente la Marittima, che non avrebbe costi e tempi in più com’è ovvio, con due ipotesi: la cosiddetta «opzione zero», cioè l’ormai politicamente impossibile passaggio delle grandi navi senza limiti davanti a piazza San Marco (ed è proprio questo il motivo per cui non può avere un futuro, nonostante si piazzi bene nelle varie classifiche) e poi l’ipotesi dell’attuale limite di 96 mila tonnellate, anch’esso inaccettabile perché limiterebbe troppo il traffico crocieristico. Basti pensare al fatto che da quando esiste questo limite, introdotto nel 2014, Venezia ha perso 400 mila crocieristi (da 1,8 a 1,4 milioni), ed è proprio per portare le navi più grandi di nuova generazione (oltre le 100, se non le 150 mila tonnellate) che si è scelta Marghera. Il modello boccia poi sia l’ipotesi del terminal di scalo alla bocca di porto del Lido, proposta da Cesare De Piccoli e dalla società Duferco, che quella di portare le navi al terminal di Fusina, che oggi ospita i traghetti, e all’area Montesyndial. La prima ipotesi, l’unica che finora ha superato la valutazione d’impatto ambientale, terrebbe le navi fuori dalla laguna, ma per il Porto ha problemi logistici dovuti alla rottura di carico, di sicurezza e poi non consente, da progetto, l’arrivo di navi superiori alle 140 mila tonnellate, oltre a un costo di 150 milioni di euro. Fusina avrebbe tempi lunghi e limiti alle banchine (troppo corte), mentre a bocciare Montesyndial c’è il fatto che è l’unica area presa in considerazione che si trova in un cono di rischio di incidente rilevante, oltre al fatto che il Porto lì prevede di mettere i container.
A primeggiare sono dunque Canale industriale nord e Molo Sali, tanto che il documento si conclude dicendo che qualora il primo non bastasse, in un futuro di lunga durata si può pensare di aggiungere un paio di approdi anche sul secondo, sebbene questo comporterebbe lo stop all’attività commerciale che lì si tiene (motivo per cui è stato precisato «sponda nord» nel testo finale): il progetto considerato dal Porto prevede infatti solo due approdi davanti all’ex Italiana Coke, perché più avanti c’è la Pilkington che è appena ripartita, mentre l’uso del canale Brentella è ritenuto più complesso. Lo studio non prende in considerazione il Vittorio Emanuele, in quanto è solo un tracciato diverso, ma Musolino ha ribadito la necessità di scavarlo per gestire la fase di transizione e per creare una «via di fuga».