Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Sappada, la Camera rimanda il voto Lega spaccata, Forza Italia indecisa
Gelo sulla lettera di Ciambetti. «Ormai è tardi»
È finita con un pasticcio istituzionale la giornata di ieri a Montecitorio sulla questione Sappada. La Lega spaccata a metà, la Regione all’angolo, i dubbi di Forza Italia che si sfila dall’ortodossia del rispetto assoluto del voto referendario sono solo alcune tra le conseguenze politiche del rinvio a mercoledì prossimo della discussione in materia, deciso dalla riunione della commissione Affari costituzionali della Camera. D’altra parte, già ieri l’altro tirava aria di rimpallo istituzionale. La vicenda è quella del Comune bellunese che anni fa aveva tenuto, con successo, un referendum per il trasferimento amministrativo in Friuli Venezia Giulia. Dopo le consultazioni popolari, i pareri favorevoli delle due Regioni coinvolte e il sì di palazzo Madama.
Sembrava una corsa in discesa, fino a qualche giorno fa. Poi la lettera del presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, inoltrata alla presidente della Camera, Laura Boldrini, in cui affermava che il «sì» espresso dall’assemblea di palazzo Ferro Fini al distacco non costituisce un parere «tecnico». Il fatto è che ieri la prima commissione della Camera da una parte ha deciso lo slittamento al 22 novembre dell’esame in aula, dall’altra ha chiesto alla Boldrini di richiedere che entro lo stesso termine la Regione dica sì o no sulla questione di Sappada. Precisando, peraltro, che il parere è obbligatorio ma non vincolante. Dunque la Regione potrebbe correre inutilmente, per produrre una carta ininfluente ai fini del voto dell’aula.
Morale, la tensione nella Lega ieri era alle stelle. Il deputato Massimiliano Fedriga è sbottato. «Di rinvii proprio non ne voleva sapere — afferma il collega del M5S Federico D’Incà — voleva che la faccenda fosse decisa subito in aula. Si pensi che il governatore Luca Zaia, in televisione aveva affermato che se fosse stato posto nella condizione di decidere da deputato su Sappada, avrebbe votato no. In realtà, chiunque abbia partecipato alla riunione di ieri si è reso conto che la spaccatura nel Carroccio è netta». C’è poi il fatto che la missiva di Ciambetti non ha riscosso un gran successo. Il presidente della commissione Andrea Mazziotti si è detto «sorpreso per una lettera pervenuta a lavori di commissione conclusi su un provvedimento incardinato al Senato nel dicembre 2013, approvato il 21 settembre scorso e trasmesso alla Camera in pari data. Un iter di quattro anni, su una questione che è stata oggetto di discussione pubblica, soprattutto in Veneto».
Secondo il deputato del Pd Roger De Menech, «la lettera non ha avuto effetto. Comunque sia, se si andrà al voto prevarrà il sì, visto che c’è una maggioranza. Molti deputati del Pd, del M5S e della Lega sono a favore del distacco. Solo Forza Italia si sta sfilando. L’impressione è che si guardi più al voto che alle conseguenze». Quali conseguenze? Dice D’Incà: «Dal momento che il parere delle Regioni coinvolte non è vincolante, tanti Comuni di confine partiranno all’avventura». Aggiunge De Menech: «Si apre lo spazio a contenziosi tra enti territoriali». Ciambetti non l’ha presa bene: «Solo sette giorni? Neppure alle badanti e alle colf si concedono così pochi giorni quando le si vuole licenziare. Non si vede, in questa richiesta, la leale collaborazione tra istituzioni. Comunque sia, la richiesta me la leggo poi, con calma».