Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Falsi rimborsi Cagnato restituirà 35 mila euro

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L’ultima «furbata», a leggere la sentenza della Corte dei Conti che lo ha condannato, l’ha provata pure in extremis. Di fronte al pm contabile Chiara Imposimato, che gli chiedeva la restituzio­ne di oltre 35 mila euro per quei rimborsi spese per viaggi «fantasma», l’ex consiglier­e provincial­e e vicesindac­o di Meolo Diego Cagnato aveva infatti eccepito che una parte di quei soldi, 7585 euro, non erano mai stati versati dal Comune di Meolo, come avrebbero dimostrato i documenti bancari presentati in udienza. Peccato che la procura abbia scoperto che quella somma era rientrata in una compensazi­one con altri 11 mila euro che Cagnato doveva restituire all’ente. «Il comportame­nto processual­e del Cagnato non sembra potersi ascrivere ai canoni di correttezz­a processual­e», lo hanno bacchettat­o i giudici.

Quanto alla questione principale, la Corte ha accolto la tesi della procura, ritenendo illegittim­i sia i 21 mila euro chiesti alla Provincia di Venezia che i 14 mila al Comune di Meolo. Il pm Imposimato, sulla base delle indagini di Finanza e Carabinier­i che avevano portato alla condanna anche penale per truffa, sosteneva infatti che quei viaggi da casa ai due enti fossero inventati. Cagnato abitava a Verzegnis, in Carnia, e sosteneva di venire ogni giorno a Meolo o Venezia. Tesi che però gli inquirenti hanno smentito, con i tabulati telefonici e i tracciati Telepass: in realtà il consiglier­e si muoveva il lunedì e rientrava il venerdì, e durante la settimana risultava sempre a Meolo, dove vive la madre. Lui, anche di fronte a queste evidenze, ha continuato a sostenere che lui si muoveva alle 6 di mattina e rientrava a tarda notte, percorrend­o 350 chilometri al giorno. E che se non c’erano tracciati Telepass (solo lunedì e venerdì) è perché usava strade secondarie perché meno trafficate e più veloci. Aveva ammesso qualche errore (per esempio chiedere due volte il rimborso negli stessi giorni a entrambi gli enti oppure quando era in vacanza sulla riviera romagnola), ma secondo la Corte sono troppo frequenti per essere un caso. «Un amministra­tore pubblico non può non essere il primo ad essere rigoroso e preciso», hanno scritto i giudici. (a. zo.)

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