Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Tregua a Cona, la cooperante e il profugo sposi
Il sindaco che vuole chiudere l’hub: «Oggi festa». Sei profughi ricollocati rifiutano Treviso
Dopo le proteste e la marcia dei migranti, nel centro di accoglienza di Cona - almeno per un giorno - si pensa all’amore. Ieri, una operatrice dell’hub e un profugo si sono sposati. Una relazione iniziata tra i tendoni affollati della struttura, dove il neo-marito - un maliano - ha conosciuto la dipendente della cooperativa. Intanto tra i profughi «fuggiti» dal campo, c’è chi rifiuta l’alloggio in un’altra base.
Si sono conosciuti tra i tendoni e la mensa di Cona, Lui giovane malese in fuga dalla propria terra e in cerca di un futuro qui in Italia, lei operatrice della cooperativa che gestisce il centro d’accoglienza. E subito è scoccata la scintilla. Si sono innamorati e ieri hanno pronunciato il fatidico «sì» di fronte al sindaco Alberto Panfilio che ha celebrato in Comune le nozze. Al loro fianco, la famiglia di lei e la loro bambina di un anno.
Sono Sara e Keita, nati tutti e due nel 1994, lui ad agosto e lei a settembre: giovani, felici e innamoratissimi. «La loro è una storia bellissima», raccontano i colleghi del centro d’accoglienza.
Keita ha vissuto sette mesi nei tendoni di Cona e, mentre l’iter per il riconoscimento dello status di rifugiato era ancora
Il sindaco È stato bello sposarli: è una storia positiva che dà speranza Spero ci siano altre nozze così
in corso, ha lasciato l’hub per vivere con Sara. Ottenuta la protezione umanitaria, ha subito cercato e trovato un lavoro e ora ha anche una famiglia tutta sua, a Cona dove entrambi hanno deciso di rimanere e dove tutto è iniziato.
La loro è una storia a lieto fine ma, fanno sapere dal centro, non è rara: capita spesso che operatori e ospiti si innamorino, e non solo a Cona. Finora però nessuno si era mai sposato.
«È stato davvero bello celebrare il loro matrimonio - racconta Panfilio - una storia positiva che dà speranza e che nasce da un posto dove di positivo c’è poco, spero ci siano altri matrimoni come questo».
Lei è cristiana, lui musulmano ma le differenze di religione e cultura non sono state una barriera. La storia a lieto fine di Sara e Keita mette in secondo piano, almeno per qualche istante, le denunce sulle condizioni di vita nel centro di prima accoglienza e le proteste di 212 ospiti, che tra martedì e venerdì ha marciato a piedi e in bicicletta verso Venezia rifiutandosi di fare dietrofront. La marcia si è però interrotta a Bojon, grazie all’intervento del patriarca Francesco Moraglia che ha aperto patronati e oratori della Riviera del Brenta permettendo alla prefettura di organizzare nuovi posti letto in strutture lontane da Cona.
Ora, a Gambarare di Mira (Venezia) restano gli ultimi diciannove richiedenti asilo da ricollocare e a loro si sono aggiunti, ieri, altre sei persone: erano state portate alla caserma Serena di Treviso dove si sono rifiutati di entrare. «Ci hanno spiegato che la situazione era identica a Cona e che non volevano rimanere lì - spiega Federico Fornasari di Usb, il sindacato di base che ha sostenuto le proteste dei 212 -, siamo subito intervenuti per cercare un’altra soluzione».
La prefettura di Treviso, a onor del vero, smentisce che ci siano stati problemi nell’accoglienza. A Venezia, però, la stessa prefettura sta cercando un’altra soluzione e ieri notte i sei sono restati a Gambarare.
A Jesolo, invece, un’altra decina di ragazzi ha chiesto di poter andarsene dalla struttura dove sono stati portati ma, al momento, non è chiaro se saranno spostati o se decideranno, alla fine, di restare.
Nei prossimi giorni, Usb si riunirà con chi è ancora a Cona, quasi 900 richiedenti asilo