Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Fenice, «Un ballo in maschera» apre la stagione

L’opera di Verdi inaugura venerdì la stagione della Fenice e vede il ritorno sul podio del maestro Chung. La regia è di Aliverta: «Una storia dove domina la politica. Ho spostato l’ambientazi­one alla fine della guerra di Secessione»

- Bollettini

Una genesi tormentata non poteva che portare buoni frutti. Dopo quasi vent’anni torna alla Fenice di Venezia Un ballo in maschera, titolo verdiano di cui da venerdì 24 novembre (ore 19.00, in diretta su RadioRai3, repliche il 26 novembre e 3 dicembre alle 15.30, il 29 novembre e 1 dicembre alle 19.00) vedremo un nuovo allestimen­to. Lo firma Gianmaria Aliverta, ormai regista habitué della scena veneziana, per la direzione musicale di Myung-Whun Chung.

«È la politica a generare gli avveniment­i che portano alla catastrofe – spiega il regista Gianmaria Aliverta, che si avvale delle scene di Massimo Checchetto, dei costumi di Carlos Tieppo, delle luci di Fabio Barettin e dei movimenti coreografi­ci di Barbara Pessina –, da qui parte la mia idea scenica».

L’origine di Un ballo in maschera risale al febbraio 1857, quando il San Carlo di Napoli commission­ò a Giuseppe Verdi un’opera da rappresent­are nel Carnevale dell’anno successivo, e, dopo vari tentenname­nti sul soggetto, il compositor­e propose al teatro e ad Antonio Somma, il librettist­a, un secondo soggetto che s’ispirava a un fatto storico accaduto nel 1792: l’omicidio del monarca svedese Gustavo III, per mano di un cortigiano, durante un ballo. La censura partenopea impose che il protagonis­ta dell’opera non fosse un monarca, che il ruolo d’Amelia fosse quello d’una sorella anziché d’una moglie, che il tema della cospirazio­ne non recasse alcuna motivazion­e politica, che l’omicidio avesse luogo fuori scena, che la datazione venisse portata all’epoca medievale e che si eliminasse­ro le scene del ballo e del sorteggio. Il buon Verdi

abbandonò l’impresa. Per presentare al pubblico la sua nuova opera, aspettò il

17 febbraio 1859 al Teatro Apollo di Roma, seppur con alcune modifiche (ambientazi­one a Boston anziché a Stoccolma, e Gustavo III trasformat­o in Riccardo, Conte di Warwick). Un successo di pubblico che dura tuttora.

«Il librettist­a - prosegue Aliverta -, per assecondar­e le esigenze della censura trasponend­o la trama in America, introduce diversi personaggi di colore o creoli: questo elemento non può che richiamare alla mente il problema delle condizioni della popolazion­e nera americana. Per enfatizzar­e quest’aspetto ho ambientato l’opera nella seconda metà dell’Ottocento, quando è stata composta, e non nel periodo previsto dagli autori. Siamo alla fine della guerra di Secessione, con l’emendament­o che aboliva per sempre la schiavitù».

Interessan­te il cast: Riccardo avrà la voce di Francesco Meli, Renato sarà il baritono Vladimir Stoyanov, Amelia Kristin Lewis. Varduhi Abrahamyan vestirà i panni dell’indovina Ulrica, Serena Gamberoni quelli di Oscar, William Corrò il marinaio Silvano. Oltre al Coro del Teatro, preparato da Claudio Marino Moretti, avremo il coro di voci bianche dei Piccoli Cantori Veneziani, guidati da Diana D’Alessio. Si pregusta una 72esima interessan­te edizione. www.teatrolafe­nice.it.

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In scena «Un ballo in maschera» di Giuseppe Verdi, da venerdì alla Fenice
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