Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Fuga dal Veneto, Trento e Bolzano aprono a 4 comuni
Kompatscher: sì a Cortina ma senza pressioni
Dopo Sappada, altri 24 Comuni guardano al di là del Veneto, verso il Friuli e il Tren- tino Alto Adige. Per loro, però, il percorso è in salita. Le pro- vince autonome di Trento e Bolzano sono disposte ad accogliere solo 4 Comuni, tra cui Cortina. Politici veneti in pressing su Mattarella: «Non firmi la legge».
Il voto della Camera che ha dato il via libera al passaggio di Sappada in Friuli riaccende le speranze dei Comuni che da anni si battono per scavalcare il confine e accasarsi in una Regione speciale, il Friuli ma soprattutto il Trentino Alto Adige. Sono molti, ventiquattro, ma troveranno le porte sbarrate. Con poche eccezioni: «Siamo pronti ad accogliere solo Pedemonte, che con l’antico Comune di Casotto un tempo apparteneva all’impero asburgico» dice il presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi; «Per noi, invece, il riferimento è il Tirolo storico ed è imprescindibile l’elemento della minoranza linguistica, per cui siamo disponibili a ragionare solo sui Comuni ladini di Cortina d’Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo» spiega il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher. Che tiene a precisare: «Sempre che questi Comuni abbiano intenzione di venire in Alto Adige, perché a differenza del Friuli, noi non abbiamo mai premuto per un allargamento del nostro territorio». Non lo faranno più neppure i friulani. Avuta Sappada, sembra difficile infatti che si impegnino con altrettanto ardore per conquistare Gruaro, Teglio e Cinto Caomaggiore (da poco si sarebbe aggiunta pure Fregona).
A preoccupare Rossi e Kompatscher, oltre al dato politico-culturale per cui «si sta riducendo l’autonomia ad una mera questione di soldi, quando invece ha ragioni profonde», è che «si è proceduto al cambio di Regione con una legge ordinaria, quando invece si sarebbe dovuto agire con una legge di revisione costituzionale, visto che il territorio è inscindibilmente legato allo statuto speciale, che ha rango costituzionale». E Kompatscher, da Bolzano, postilla: «La nostra, tra l’altro, è un’autonomia più speciale delle altre, ci sono di mezzo trattati internazionali, sicché l’iter è ancora più complesso».
Lo sa bene il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, bellunese che da anni si è trasferito in Südtirol, dove è eletto: «Col voto su Sappada si rischia di frantumare l’articolo 116 della Costituzione e tutto ciò è un’aberrazione sbotta -. Sappada aveva bisogno di soldi per gli impianti e il Friuli aveva bisogno di una cartolina turistica e tutto ciò non va bene. Rischiano di risucchiare tutti verso un abisso». Preoccupazioni che, unite alle proteste per la mancanza di un parere formale del consiglio regionale del Veneto, sono all’origine della lettera spedita ieri dal capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la richiesta di non firmare e promulgare la legge, rinviandola nuovamente alle Camere. Esito che viene dato per improbabile (se non impossibile) dal Quirinale, così che al Veneto non resterebbe che impugnare la legge davanti alla Consulta una volta pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, come ha adombrato il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti parlando di «profili di illegittimità che permangono» anche dopo il sì della Camera. Ma il governatore Luca Zaia non sembra altrettanto battagliero: «Non è con i ricorsi che si risolvono questo tipo di problemi».
Zaia la cura l’ha già individuata nell’autonomia, già richiesta da Lombardia ed Emilia (a cui ora si aggiunge pure la Liguria). «Entro fine gennaio intendo predisporre la base dell’intesa, che poi dovrà essere però votata a maggioranza assoluta dal Parlamento» promette Bressa, che però non intende discutere, come chiesto da Zaia, di tutte le 23 materie devolvibili per Costituzione: «Volere tutto significa non volere nulla, in questa fase noi ragioniamo su istruzione, lavoro, ambiente, infrastrutture e beni culturali». Conviene fare in fretta, se si vogliono evitare nuovi addii. Anche perché, come ha detto ieri un altro sottosegretario del Governo Gentiloni, Sandro Gozi, «chi ha le carte in regola, ha pieno diritto di chiedere più autonomia».