Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Alta tensione Zaia-Lega Ma tra i deputati veneti solo M5s con Sappada Il nodo della mozione del 2012 che ha chiuso i giochi
Alta tensione nella Lega dopo il sì della Camera al passaggio di Sappada in Friuli. Il gruppo del Carroccio, guidato dal friulano Massimiliano Fedriga (candidato da Matteo Salvini alla successione di Debora Serracchiani alle Regionali della primavera prossima), ha votato compatto a favore, con due sole eccezioni: Filippo Busin, unico veneto rimasto tra i ranghi leghisti a Montecitorio dopo la diaspora «tosiana», e Umberto Bossi. Il governatore Luca Zaia non l’ha presa bene: «Non mi aspettavo questo voto del parlamento - ha detto al Corriere delle Alpi - è un precedente terribile, un dispetto ai veneti, una presa in giro da Repubblica delle banane. Il mio gruppo? Sarebbe stato più saggio astenersi». D’accordo Busin: «Non ho voluto fare rimostranze o polemiche ma non si può fingere di non vedere che all’origine della richiesta di Sappada c’è soltanto una questione di soldi; quelle sulla storia, la cultura, la lingua sono tutte scemenze, teorie strampalate. Il via libera del Veneto si fa risalire ad una mozione del 2012: come si fa a non considerare che nel frattempo è intervenuto un fatto epocale come il referendum sull’autonomia?».
Proprio la mozione del 2012, approvata forse con eccessiva leggerezza dal consiglio regionale, si è rivelata in effetti il grimaldello utile a scardinare l’estremo tentativo del Veneto di bloccare l’iter parlamentare. La firmarono molti leghisti (Finco, Bassi, Toscani, Furlanetto, Stival, Tosato, Cappon, Caner) e fu approvata da 42 consiglieri su 43, con l’unica eccezione della forzista Elena Donazzan che avvertì: «Mi fa male vedere pezzi di territorio che per disperazione lasciano la nostra terra e mi dispiace che questa maggioranza si stia arrendendo». Proprio quello era infatti il clima che si respirava a Palazzo Ferro Fini, sul cui tetto sventolava bandiera bianca per stessa ammissione di Luca Zaia, allora come ora governatore: «Se fossi stato in aula, sicuramente la mozione l’avrei firmata anche io - disse all’epoca -. È molto più di un’ammaina bandiera, è il messaggio lanciato chiaro e tondo allo Stato che noi siamo stufi di lottare. Come posso biasimare un veneto che qui fatica ogni giorno ad andare avanti e appena due chilometri più in là vede ricchi premi e cotillon?». E infatti quel veneto ha fatto le valige e se n’è andato.
Certo è vero, come diceva Busin e come ha più volte ripetuto lo stesso Zaia nell’ultimo mese, che nel frattempo è intervenuto un fatto nuovo, il referendum per l’autonomia e l’avvio della trattativa col governo. Ma anche qui «l’acerrimo amico» Fedriga ha avuto gioco facile a piazzare il punto, tra gli applausi di tutto il pattuglione salviniano: «C’è qualcuno che crede che all’interno dei Palazzi si
Zaia Un dispetto al Veneto, la Lega si sarebbe dovuta astenere Fedriga Rispettare la volontà del popolo, siano i veneti o i sappadini D’Incà Ora sarà impossibile fermare nuovi passaggi di Regione
possa sovvertire la volontà popolare, ma non è così: il Veneto ha deciso, Sappada ha deciso e noi stiamo dalla parte della gente mentre qualcun’altro sta dalla parte dei Palazzi». Se si pretende il rispetto del referendum del 22 ottobre, come si può non fare altrettanto con quello del 2008 dei sappadini? Game, set and match. Ed è, questo, l’ennesimo episodio della confusione che in questa fase regna in casa Lega, con Salvini che guarda all’Italia, Zaia e Maroni che rilanciano l’autonomia e finanche l’indipendenza, Maroni che la fa a modo suo, Zaia che preferisce andare da solo...
Non vanno meglio le cose dalle parti del Pd, dove pure Sappada ha provocato lacerazioni profonde, con i deputati veneti ad astenersi o votare contro (Rubinato, Camani, Ginato, Miotto, Naccarato) l’operazione congegnata dal capogruppo (friulano) Ettore Rosato e la presidente Debora Serracchiani (che siede nella segreteria nazionale del partito). Ad ogni modo, contrari, astenuti, in missione o strategicamente fuori dall’aula, tutti i deputati veneti mercoledì hanno scelto di non sostenere Sappada nel suo addio. Tranne i Cinque Stelle. Gli alfieri di Grillo, guidati dal bellunese Federico D’Incà, hanno infatti votato sì, tutti. «Ora avremo una freccia in più al nostro arco per rivendicare maggiore autonomia per il Veneto e Belluno - dice D’Incà - si è dimostrato che non serve una legge costituzionale e che il parere delle Regioni non è vincolante e in futuro sarà impossibile bloccare nuovi trasferimenti. Vedremo come finirà la trattativa col governo, poi ognuno farà le sue scelte».
Come hanno votato A favore M5s; contrari il leghista Busin, il Pd e Mdp; Forza Italia si è astenuta dal voto