Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Riina Jr tra cocaina e pregiudicati Il pm: «Ora revocategli la libertà»
Chiesta la detenzione in una «casa di lavoro». Il giudice non ha ancora deciso
Non bastava non essere arrivato in tempo al capezzale del padre morente e il rifiuto della Chiesa di celebrarne il funerale. In questi giorni, per il figlio di Totò Riina, che ormai da cinque anni vive a Padova in regime di sorveglianza, i guai sembrano non finire mai. E stavolta sono guai seri.
Giuseppe Salvatore Riina condannato per associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi, e oggi scrittore (il libro sulla sua famiglia è stato tradotto in mezzo mondo) e dipendente di una onlus - è finito al centro di un’indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia e coordinata dal sostituto procuratore Lucia D’Alessandro che potrebbe costargli la libertà.
La squadra mobile veneziana ha seguito i suoi spostamenti dal settembre del 2016 al giugno di quest’anno, scoprendo che Salvo Riina violava sistematicamente i rigidi «paletti» imposti dal regime di sorveglianza al quale è sottoposto da quando ha finito di scontare la pena. Due le principali contestazioni contenute nella relazione fatta dagli investigatori: Riina Jr in questi mesi ha incontrato dei pregiudicati ed è uscito di casa al di fuori degli orari stabiliti.
Attraverso appostamenti, ma anche dalla visione dei filmati delle telecamere di sorveglianza poste nelle vicinanze dell’abitazione padovana del rampollo di Corleone, la polizia di Venezia ha scoperto che in decine di occasioni ha incontrato diverse persone con precedenti penali, soprattutto per reati di droga. In particolare, l’attenzione si è concentrata su due spacciatori magrebini (uno dei quali è stato fermato il 13 settembre e condotto in questura) dai quali Salvo Riina ha acquistato dosi di cocaina che avrebbe poi consumato in casa, probabilmente alla presenza di altre persone. Serate a base di droga, quindi, nel suo appartamento poco lontano dal centro storico.
A volte gli incontri avvenivano di notte (il giudice gli aveva vietato di uscire di casa dopo le 22) e in almeno un’occasione pare che il quarantenne siciliano abbia accompagnato una giovane straniera in aeroporto, alle 5 del mattino.
Tutto documentato dalla Dda veneziana, che ha tracciato un quadro della vita padovana di Riina Jr molto diverso da quello che finora era emerso dalle relazioni periodiche della questura di Padova, che avevano sempre attestato il pieno rispetto delle prescrizioni.
Ieri il figlio del Capo dei capi di Cosa Nostra è comparso davanti al giudice del tribunale di sorveglianza, Linda Arata. Il pubblico ministero Giorgio Falcone ha chiesto che gli venga revocata la libertà vigilata e ha proposto una misura detentiva all’interno di una casa di lavoro. Si tratta di colonie agricole nelle quali vengono «reclusi» (e dove lavorano) soggetti ritenuti pericolosi. In Italia ne esistono pochissime e una di queste è a Favignana, l’isola che ospita un carcere che negli anni Settanta dipendeva da Giovanni Falcone, quando assunse le funzioni di magistrato di sorveglianza.
Ieri mattina Riina Jr non ha negato le proprie responsabilità e il suo avvocato Francesca Casarotto ha chiesto che gli venga solo prorogata la libertà vigilata. Spetterà al giudice decidere il suo futuro.
Le prove La Dda di Venezia ha eseguito appostamenti e vagliato le riprese delle telecamere