Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Coca, festini e quegli sms ai pusher. L’antimafia: «Riina jr è pericoloso»
«Riina è socialmente pericoloso». È un passaggio dell’informativa che riassume le indagini sulle notti brave di Riina jr e i suoi contatti con pregiudicati e pusher.
PADOVA «”Stai tranquillo, Salvo”, mi diceva mio padre». È la raccomandazione a se stesso un passo del libro sulla sua famiglia - che ieri Giuseppe Salvatore Riina ha pubblicato su Instagram. «Il buio della mia vita è stato intervallato da piccoli lampi di luce che mi hanno incoraggiato ad andare avanti…», scrive. Poi, un riferimento al «dolore costante che mi attraverserà i pensieri anche quando mi sembrerà di essere felice, anche quando la gente si sarà dimenticata del mio cognome».
Sono giorni difficili per il terzogenito del boss di Cosa nostra Totò Riina. Giorni di attesa: ancora non è chiaro se il tribunale di sorveglianza di Padova gli revocherà la libertà vigilata per assegnarlo – come chiesto dal pm – a una casa di lavoro, in regime di detenzione. Il tutto per una brutta storia di cocaina e inquietanti amicizie coltivate nella città del Santo.
La relazione firmata dal capo della squadra mobile di Venezia, Stefano Signoretti, e dal dirigente dello Sco, Vincenzo Nicoli, sostiene che, con il suo stile di vita in Veneto, Riina jr dimostra «un elevato disvalore sociale», un «palese disinteresse nei confronti delle prescrizioni impostegli». Di più: «Non ha assolutamente mutato la propria indole e il proprio comportamento con particolare riguardo al mancato rispetto delle Leggi e delle norme di civile convivenza, nei confronti delle quali ha dimostrato particolare insofferenza». Le indagini, hanno dimostrato che il rampollo di Corleone sapeva di essere controllato dalla polizia e nonostante questo «con cadenza pressoché quotidiana ha trasgredito le prescrizioni». Quanto basta per far sostenere agli investigatori la sua «evidente pericolosità sociale», anche perché non solo non ha mai preso le distanze dai reati commessi dal padre «ma anzi, nel corso di numerose conversazioni intercettate, ha espresso commenti nei quali l’intera famiglia Riina è stata da lui definita come vittima perseguitata dallo Stato Italiano».
L’Antimafia veneziana è incappata nel quarantenne quasi per caso, indagando su un’associazione che spacciava banconote false e stupefacenti. Scopre così che il figlio di Totò ‘u curtu aveva contatti telefonici e quasi quotidiani con due spacciatori magrebini: Tarek Labidi e Bellil Ramzi. Ma Salvuccio vive a Padova in libertà vigilata, e gli è vietato incontrare pregiudicati e uscire di casa tra le 22 e le 7 del mattino. I tabulati mostrano 279 telefonate ai pusher e la polizia riesce a documentare una trentina di cessioni di cocaina, alcune avvenute a notte fonda. Fino al 13 settembre, quando Labidi viene fermato proprio mentre sta entrando nel palazzo in cui abita Riina e, alla vista degli agenti, inghiotte una dose di polvere bianca. Appena rilasciato gli manda un messaggio per rassicurarlo: «Tutto apposto».
Gli inquirenti scoprono che Riina jr è in contatto anche con altri pregiudicati, alcuni palermitani ma anche un tossicodipendente padovano di 45 anni. È assieme a lui che, spesso, consuma la droga. Come il 6 maggio, quando gli invia un messaggio: «Ho dimenticato la bottiglia di vino nella tua auto, me la porti per favore che non ho da bere?». Per i poliziotti è un linguaggio in codice, e infatti l’amico raggiunge l’abitazione (lasciando in auto la figlioletta) e corre a «sballarsi» con la cocaina offerta da Salvuccio.
L’antimafia veneziana ha sorvegliato i contatti e gli spostamenti dell’uomo (specie quelli notturni, come quando, alle 5 del mattino, ha accompagnato una ragazza straniera alla navetta per l’aeroporto) dal maggio del 2016 al settembre 2017 scoprendo decine di violazioni che, nei controlli periodici svolti dalla questura di Padova, non erano mai emerse. Nell’ultima relazione dell’anticrimine padovana, datata 24 settembre, si legge: «In merito al comportamento di Riina non vi sono rimarchi». Nulla da segnalare quindi. Peccato che appena undici giorni prima uno spacciatore fosse stato fermato sotto la sua abitazione.