Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Sappada in Friuli, è scontro tra costituzionalisti Onida: «Ora una riforma»
Il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli? È regolare. Ai dubbi dei giuristi padovani Luca Antonini e Mario Bertolissi rispondono due costituzionalisti del calibro di Valerio Onida (foto), presidente della Corte Costituzionale tra 2004 e 2005 e docente all’università di Milano, e Maurizio Pedrazza Gorlero, che è anche il massimo esperto di liti di confine e comuni frontalieri in fuga verso le Regioni a statuto speciale.
Il passaggio di Sappada dal Veneto al Friuli? È regolare. Ai dubbi dei giuristi padovani Luca Antonini e Mario Bertolissi rispondono due costituzionalisti del calibro di Valerio Onida, presidente della Corte Costituzionale tra 2004 e 2005 e docente all’università di Milano, e Maurizio Pedrazza Gorlero, che è anche il massimo esperto di liti di confine e comuni frontalieri in fuga verso le Regioni a statuto speciale. «Si potrebbe dubitare della legittimità della legge se essa comportasse la modifica dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia — spiega il professor Onida — per esempio modificando l’elenco dei Comuni della Regione qualora esso fosse stato incluso nello statuto. È vero che lo statuto non elenca i Comuni, ma dice che la Regione comprende i territori delle attuali Province, nominandole. Troppo poco per ritenere che esso impedisca ogni modifica dei confini attuali della Regione se non con una legge costituzionale». Ma per Palazzo Balbi (e per i due costituzionalisti veneti di cui sopra) il problema c’è, visto che si accarezza l’idea di ricorrere alla Corte per contestare i due possibili «bug» nella procedura: il parere positivo del Consiglio Regionale che non sarebbe stato dato nella forma solenne di una delibera (ma c’è stata solo una mozione) e, appunto, l’utilizzo di una semplice legge ordinaria in luogo di una di rango costituzionale. Interpretazione condivisa anche dall’ufficio studi di Montecitorio che ricordava come per Lamon nel 2006 si decise di procedere proprio in tal senso, anche se poi la questione finì su un binario morto. «Suggerii io quel percorso per Lamon — ricorda Pedrazza Gorlero —. Ma lì c’erano ragioni differenti: entrando nella provincia di Trento, avrebbe provocato uno squilibrio tra i territori del trentino e del Sud Tirolo che formano oggetto di un accordo internazionale».
Nel caso del Friuli, la questione non si pone. Il punto centrale resta invece la ricchezza delle Regioni a statuto speciale che ingolosisce e ingelosisce i paesi confinanti. «Le ragioni storiche, culturali, linguistiche delle specialità regionali sono convinto ci siano ancora — premette Onida — Ma il è il meccanismo finanziario che non è più giustificabile. Il rimedio non è abolire le Regioni a statuto speciale ma realizzare un vero federalismo fiscale per le Regioni ordinarie e una vera autonomia di spesa, fermo il restando meccanismo di solidarietà». Spostare le competenze dal centro alla periferia con l’autonomia e avvicinare al territorio la spesa pubblica, insomma, dando piena attuazione all’articolo 119 della Carta. «Ma questo non ha nulla a che vedere col residuo fiscale — avverte il giurista — L’obiettivo di trattenere i nove decimi del gettito fiscale è assolutamente irrealistico. Piuttosto, bisognerebbe realizzare un federalismo fiscale che valga per tutti in modo che non vi siano più alcuni privilegiati e altri no». Il trasloco di Sappada dal Veneto potrebbe dare una mano al processo, anche se ha avuto il sapore di uno schiaffo all’indomani del referendum sull’autonomia. «Probabile che il segnale dato da Sappada sia raccolto dalla classe politica — riflette Pedrazza Gorlero — Sicuramente è un segnale di incoraggiamento per i Comuni che hanno chiesto di cambiare Regione. In sede di trattativa per l’autonomia, il Veneto potrebbe far presente di avere problemi confinari e di avere bisogno di maggiori risorse. Ma la verità è che questi Comuni sono trattati peggio degli altri del Veneto...». E se si teme l’effetto domino, la soluzione dovrà essere politica perché un ricorso alla Corte sulla mancanza di una delibera della Regione non pare risolutivo. «La mozione è stata ritenuta dal legislatore una valida espressione della volontà regionale — conclude il giurista veronese — È stata valutata la sostanza e se la presidente della Camera Boldrini ha pure rimesso i termini per dar modo al Consiglio di esprimersi: in sette giorni, volendo, una riunione straordinaria si convoca...».