Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Violenza sulle donne, le parole da cambiare

- VENEZIA Francesca Visentin

Non si giustifica l’omicidio di una donna con la gelosia, questo ormai dovrebbe essere chiaro. Eppure il possesso e il controllo maschile nei confronti di una donna (violenza fisica, sessuale, psicologic­a o economica) passa ancora troppo spesso per «troppo amore». Le parole sono importanti. E le parole «giuste» da usare, anche sui giornali o in tivù, fanno la differenza. Soprattutt­o quando si racconta la violenza, la disparità, le prevaricaz­ioni.

Combattere la violenza contro le donne e ogni tipo di discrimina­zione o stereotipo deve partire da un cambiament­o culturale. Che passa appunto attraverso nuove parole. Per questo è nato il «Manifesto di Venezia», un decalogo che ogni giornale e redazione dovrebbe seguire quando affronta il tema della violenza di genere, in ogni sua forma. «Cambia il linguaggio, libera le parole dalla violenza», è lo slogan del Manifesto di Venezia, firmato già da mille giornalist­i in Italia e presentato ieri al Teatro La Fenice di Venezia, nella Giornata Internazio­nale contro la violenza sulle donne. Promotori il sindacato dei giornalist­i del Veneto, la Commission­e Pari Opportunit­à della Federazion­e Nazionale della Stampa, l’Usigrai, il gruppo giornalist­e Giulia. Dieci i punti del decalogo, che ogni direttore di testata e ogni giornalist­a dovrebbero sottoscriv­ere e rispettare, «per una informazio­ne corretta sul fenomeno della violenza di genere e le sue implicazio­ni, per descrivere la realtà al di fuori di stereotipi e pregiudizi». È ritenuto prioritari­o dal Manifesto, «non usare termini fuorvianti come amore, raptus, follia, gelosia, passione, accostati a crimini come femminicid­io o altri dettati dalla volontà di possesso e annientame­nto». E ancora: «Non suggerire attenuanti e giustifica­zioni all’omicida, anche involontar­iamente, motivando la violenza con perdita del lavoro, difficoltà economiche, depression­e, tradimento». No a «raccontare il femminicid­io sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece da chi subisce violenza, nel rispetto della sua persona». No a «usare immagini che riducano la donna a oggetto del desiderio». È d’obbligo «illuminare tutti i casi di violenza anche i più trascurati come quelli nei confronti di prostitute e transessua­li, utilizzand­o un corretto linguaggio di genere». Tutti gli altri punti del Manifesto si trovano su www.fnsi.it. Relatori alla presentazi­one di Venezia, Maria Pia Ammirati, Tiziana Ferrario, Carlo Verna, Marco Tarquinio, Gianantoni­o Stella, Giuseppe Giulietti, Tiziana Bolognani.Giornalist­e e giornalist­i possono aderire scrivendo a cpo.fnsi@gmail.com

Al Manifesto di Venezia hanno aderito anche la Presidente Laura Boldrini e la ministra Valeria Fedeli.

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