Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Violenza sulle donne, le parole da cambiare
Non si giustifica l’omicidio di una donna con la gelosia, questo ormai dovrebbe essere chiaro. Eppure il possesso e il controllo maschile nei confronti di una donna (violenza fisica, sessuale, psicologica o economica) passa ancora troppo spesso per «troppo amore». Le parole sono importanti. E le parole «giuste» da usare, anche sui giornali o in tivù, fanno la differenza. Soprattutto quando si racconta la violenza, la disparità, le prevaricazioni.
Combattere la violenza contro le donne e ogni tipo di discriminazione o stereotipo deve partire da un cambiamento culturale. Che passa appunto attraverso nuove parole. Per questo è nato il «Manifesto di Venezia», un decalogo che ogni giornale e redazione dovrebbe seguire quando affronta il tema della violenza di genere, in ogni sua forma. «Cambia il linguaggio, libera le parole dalla violenza», è lo slogan del Manifesto di Venezia, firmato già da mille giornalisti in Italia e presentato ieri al Teatro La Fenice di Venezia, nella Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Promotori il sindacato dei giornalisti del Veneto, la Commissione Pari Opportunità della Federazione Nazionale della Stampa, l’Usigrai, il gruppo giornaliste Giulia. Dieci i punti del decalogo, che ogni direttore di testata e ogni giornalista dovrebbero sottoscrivere e rispettare, «per una informazione corretta sul fenomeno della violenza di genere e le sue implicazioni, per descrivere la realtà al di fuori di stereotipi e pregiudizi». È ritenuto prioritario dal Manifesto, «non usare termini fuorvianti come amore, raptus, follia, gelosia, passione, accostati a crimini come femminicidio o altri dettati dalla volontà di possesso e annientamento». E ancora: «Non suggerire attenuanti e giustificazioni all’omicida, anche involontariamente, motivando la violenza con perdita del lavoro, difficoltà economiche, depressione, tradimento». No a «raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece da chi subisce violenza, nel rispetto della sua persona». No a «usare immagini che riducano la donna a oggetto del desiderio». È d’obbligo «illuminare tutti i casi di violenza anche i più trascurati come quelli nei confronti di prostitute e transessuali, utilizzando un corretto linguaggio di genere». Tutti gli altri punti del Manifesto si trovano su www.fnsi.it. Relatori alla presentazione di Venezia, Maria Pia Ammirati, Tiziana Ferrario, Carlo Verna, Marco Tarquinio, Gianantonio Stella, Giuseppe Giulietti, Tiziana Bolognani.Giornaliste e giornalisti possono aderire scrivendo a cpo.fnsi@gmail.com
Al Manifesto di Venezia hanno aderito anche la Presidente Laura Boldrini e la ministra Valeria Fedeli.