Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Giuseppe Gallo Un «antipop» in mostra a Verona
Verona, alla Galleria dello Scudo la mostra «Il teatro assurdo del viandante»
Ha messo un pollaio in una galleria d’arte. Considerato poi che di cognome fa Gallo, l’ironico gioco di rimandi tra contenuto, contenitore e autore è evidente. In realtà, dietro questa leggerezza, c’è l’impegno di un artista che vuole far recuperare allo sguardo una qualità perduta. La sua mostra personale, dal titolo «Il teatro assurdo del viandante», a cura di Laura Cherubini (ingresso libero, fino al 31 marzo), sarà inaugurata sabato sera alla Galleria dello Scudo diretta da Massimo Di Carlo, a 12 anni dalla sua precedente mostra in questa sede. «Abbiamo perso la capacità di guardare – spiega Giuseppe Gallo di fronte al suo “pollaio”, che in realtà si chiama Galleria.- Dobbiamo tornare a guardare la natura, a riscoprirla». Non a caso la scaletta è fatta di pezzi di legno ritorti, come solo la natura sa fare, «un pezzo unico non replicabile. E il “pollaio” come tale deve essere utilizzato, altrimenti non lo vendo».
Sembra di percepire qualcosa di assimilabile ai modi della pop art nella scelta di dare valore estetico a un oggetto di uso quotidiano. «Io lo definirei piuttosto un modo “antipop” – replica l’artista -: gli oggetti che scelgo non hanno un’identità mediatica, come il volto di una star (Marilyn) o un prodotto di marca diffusa, ma sono oggetti semplici o i volti di scienziati che nessuno conosce, ma che hanno trasformato la nostra vita con le loro scoperte». Gallo non ama restare dentro una cifra stilistica riconoscibile, ma sperimentare continuamente, a partire dalle materie e dalle tecniche che conosce profondamente. Ad accogliere i visitatori sarà una sequenza di opere ispirate alla Via lattea di grande lirismo. «Sono lavori – spiega l’autore – molto complessi dal punto di vista tecnico, che richiedono sovrapposizioni e stratificazioni multiple. Il risultato è questo effetto a intarsio di una miriade di frammenti colorati, tutti di forme diverse, derivate dalla scomposizione di altre forme, anche se qualcuna resta ancora riconoscibile qua e là, così come qualche frammento di parola. Le tecniche coinvolte sono quelle dell’affresco, dell’olio, della tempera, dell’acquerello… Ci vuole molto per realizzarle: il senso del tempo che ne deriva è molto importante per me».
Il tempo assorbito dalla lavorazione è fattore quindi determinante, come nella realizzazione di un’altra opera monumentale installata nella galleria: una sorta di diaframma, una grata composta da molte parti in bronzo, montate insieme, a loro volte fuse su forme ricavate da legni. Anche qui l’inizio sta nell’ispirazione dalle forme trovate in natura per giungere a una formalizzazione attraverso un procedimento complesso. «Ciò che desideravo era– spiega Gallo – che si percepisse l’origine nelle forme naturali, la mia sfida poi è usare i linguaggi e le tecniche tradizionali per formalizzarle in opera».