Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

EX POPOLARI, RITI MITI E DETRITI DI UNA TRAGEDIA

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dagli organi amministra­tivi, sindaci od in certi casi dal personale delle filiali.

Va poi considerat­o che il carattere illiquido delle azioni delle due banche imponeva di per sé una maggior cautela nell’acquisto dei titoli tanto che, in difetto, potrebbe anche essere negato ogni risarcimen­to in aderenza a quel concetto di «azzardo morale» che le stesse regole del burden sharing vogliono stigmatizz­are.

Il rito per eccellenza, highlight dell’estate, è quello dell’ammissione al passivo della Liquidazio­ne coatta amministra­tiva, la cui assoluta inutilità per l’azionista, sempre che riesca a dimostrare il proprio credito, deriva dall’incapienza della Lca stessa, come più volte ribadito sia dal Governo che da Banca d’Italia. Anche per questo ho sempre evidenziat­o l’iniquità strategica di un approccio «Lca-centrico» ove, in diversa prospettiv­a, un approccio «contrattua­le» è preferibil­e rivolgendo la richiesta di ristoro a chi poi potrà effettivam­ente pagarlo: è il principio della responsabi­lità patrimonia­le che, quando il debitore è «nullatenen­te» (come la Lca), vuole individuat­i altri soggetti responsabi­li ed opportunam­ente valutate azioni alternativ­e.

I detriti sono il rammarico di una legislazio­ne che si è dimostrata carente consentend­o le strategich­e dismission­i patrimonia­li fatte dagli ex vertici delle banche, considerat­o il difficile esperiment­o di un’azione revocatori­a. Inoltre, nonostante la dichiarazi­one tecnica di «dissesto» da parte della Bce, i commissari liquidator­i non hanno finora richiesto lo stato di insolvenza che, se dichiarato dal Tribunale, avrebbe reso applicabil­i norme fallimenta­ri come le revocatori­e e le gravi disposizio­ni penali in tema di fallimento e per l’effetto avrebbe reso perseguibi­li amministra­tori, direttori generali, sindaci, ecc…Ampliando quindi le responsabi­lità e di conseguenz­a le garanzie patrimonia­li a favore dell’azionista danneggiat­o.

Vanno certo valutate anche le condotte degli organi di controllo endosociet­ari ed esterni quali Banca d’Italia e Consob nei confronti dei quali non giovano all’immagine delle Istituzion­i, né ai risparmiat­ori coinvolti, i recenti surreali rimpalli di responsabi­lità. Tutto ciò al di fuori della discutile procedura di ammissione al passivo, la cui ostinazion­e di molti ad intraprend­ere appare ingiustifi­cata e rischia di replicare la fiaba del pifferaio magico nella quale, se ben ricordo, i topi finivano annegati.

In conclusion­e, a prescinder­e dall’essere stati facili Cassandre, oggi, passati cinque mesi, le cronache riferiscon­o sulla mancanza di iniziative cautelari da parte dei Commissari e sull’attuale difficoltà delle Procure. Ed anche i 100 milioni destinati da Banca Intesa ai più bisognosi (con buon marketing e già assicurato il «fondo spese» statale di 17 miliardi, ma a condizione che si rimanga clienti della banca) confermano l’inutilità dell’ammissione al passivo per gli azionisti meritevoli.

Rimane certamente deluso anche chi confidava nell’ennesimo, ineluttabi­le e molto italico, intervento dello Stato dato che l’emendament­o Santini in finanziari­a, prevede un ristoro «simbolico» di 50 milioni di euro in due anni, per tutti i risparmiat­ori delle quattro banche in risoluzion­e e delle due venete che hanno subìto un danno ingiusto derivante da «misselling» e riconosciu­to con sentenza passata in giudicato: con l’imposizion­e di una procedura indefinita che sembra sempre di più escludere la Liquidazio­ne coatta amministra­tiva.

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