Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Queste primarie ci dicono che l’astensione si può battere. Ecco perché
Parlamentari (con l’eccezione di Filippo Crimì), consiglieri regionali e assessori comunali hanno dato un sostegno genuino, ma, così facendo, hanno anche contribuito a snaturarne la freschezza e il profilo civico. Otello Dalla Rosa ha avuto dalla sua un profilo personale rassicurante e competente. Ha scelto i tempi, i toni e i modi giusti. Ha coagulato con l’Associazione ViNova, accolta inizialmente con scetticismo, un messaggio «per» anche di quell’elettorato «contro» del centro sinistra che non ha sempre apprezzato le scelte dell’Amministrazione. Non ha avuto indulgenza per il populismo, ma ha scelto la strada della concretezza e della chiarezza appoggiando «senza se e senza ma» il sì all’autonomia e la difesa di chi è stato truffato dalle vicende bancarie. Alla fin fine ha avuto un posizionamento più accorto nell’intercettare dentro e fuori il PD anche umori di sinistra civica, scuola Lorenzoni a Padova, e in alcune associazioni e mondi professionali. Jacopo Bulgarini d’Elci ha pagato tutti i rovesci delle due medaglie dei contendenti: la designazione dall’alto, la mancanza di esperienza di candidature elettorali, l’appoggio neppure di establishment ma percepito come di lobby, un messaggio elettorale estetizzante, quindi elitario.
Anche la benedizione del Sindaco uscente è stato un viatico troppo astratto per attrarre consensi duraturi. Sono andati meglio i due candidati che hanno scelto percorsi di conoscenza personale, di ascolto e di coinvolgimento; forse la spanna di vantaggio a Dalla Rosa si deve a un surplus di realismo dell’elettore che, pensando alle elezioni vere, ha pensato alle maggiori chanches di un candidato con titoli di affidabilità di lungo corso. Perché questo? Siamo dentro una fase politica di eccezionale scissione tra le persone e le «astratte» appartenenze. Pensiamo in Veneto alla siderale distanza che esiste tra il consenso di Luca Zaia e quello alla Lega. Gli elettori cercano di patrimonializzare il loro ultimo tesoretto: dare una delega fiduciaria, possibilmente a una persona che conoscono e di cui si fidano; di rompere la coltre di distorsioni e fake da social media. Il compito del candidato leader è di sapersi allineare a questo incrocio variegatissimo di affidamenti che gli arrivano da tutte le parti dell’elettorato. Le primarie di Vicenza hanno raccolto questo messaggio. Hanno mostrato che la sfiducia e l’astensionismo si possono contrastare, ma che l’elettore ti vuole guardare negli occhi e stabilire un patto silente di affidamento. Un messaggio a suo modo fortissimo che andrà a caratterizzare anche la campagna per le elezioni «vere» tra sei mesi e il centro sinistra è favorito solo dalla aver già appreso, forse, una lezione. Ma, lo dico in modo un po’ provocatorio, ora che ritorna un sistema uninominale alle elezioni politiche, sarebbe il caso di sperimentare anche per i futuri parlamentari questo rinsaldamento del rapporto tra elettori e rappresentanti.