Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Da Venezia al Mann di Napoli, l’orchestra di plexiglas di Candeloro
La Venere Callipigia scruta il volto che traspare da uno dei cubi. Il Toro Farnese è inghiottito nello skyline di Beirut che sembra un occhio e l’animale la sua pupilla. L’Ercole si impone maestoso sulla silhouette di una metropoli come New York. Siamo al Mann, il Museo archeologico nazionale di Napoli. L’intera Ala Farnese, con le sue figure mitologiche e le sue marmoree sculture, è attraversata dalle installazioni di Francesco Candeloro, un’orchestra di fogli di plexiglas e cromie. Per l’artista veneziano, classe 1974, è la più grande mostra personale finora realizzata: nella città partenopea ha portato 34 opere, che si potranno ammirare fino all’8 gennaio. «Proiezioni (oltre il tempo)» si intitola l’esposizione messa a punto sotto le cure di Valentina Rippa. Quello di Candeloro, spiega la curatrice, «è un linguaggio trasparente dove forme, luci e cromie diventano alfabeto universale capace di far dialogare il contemporaneo con la mitologia e l’osservatore con l’opera d’arte». Un linguaggio ormai familiare: Candeloro taglia a laser il plexiglas e lo plasma come materia viva, sovrappone piani colorati, li usa come lenti e gelatine che ampliano la vista e la deformano. Con quello stesso plexiglass copre una grande finestra proiettando una luce acida e calda, magnetica dentro la Stanza dei tirannicidi. Tommaso Trini scrive nel catalogo: «Io considero Candeloro un architetto dell’immateriale, di cui sa rendere visibile l’energia».