Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Neafidi entra nel fintech Finanziamenti -test alle Pmi attraverso il crowdfunding
Il confidi entra nel crowdfunding. Succede per Neafidi, il consorzio di garanzia delle Confindustrie venete, che sempre più affianca alla tradizionale attività di garanzia prestiti nuove attività finanziarie a sostegno delle proprie imprese. Come la sottoscrizione di minibond o la concessione di garanzie all’acquisto. E ora anche l’uso delle piattaforme di finanziamento via Internet, che mettono insieme anche i piccoli investimenti dai privati, come possibile canale da affiancare a quello bancario. Il progetto parte con un accordo con Lendix, la piattaforma italiana attiva anche in Francia e Spagna.
La prima esperienza operativa riguarda un’azienda vicentina, la Progetti Plant di Altavilla. Il tema per l’azienda - 44 dipendenti, 8 milioni di euro di ricavi e 300 mila di utile netto - che produce e installa impianti era di poter sviluppare un innovativo tunnel di essicazione per la ceramica, entrando in un promettente mercato di nicchia, per cui aveva già una commessa in Turchia e sui cui prevede di ottenere un margine del 30%. Secondo i dati su Lendix, con un rating B l’azienda ottiene dalla piattaforma un finanziamento di 300 mila euro a 36 mesi, al 6,5%, finanziati per il 51% da un fondo d’investimento e dal 49% da oltre 1.300 privati, che hanno messo in media 1.500 euro, per un finanziamento esaurito in poche ore dalla presentazione del progetto.
Ora, in casa Neafidi, l’obiettivo è mettere a punto altri 3-4 casi, per trarne una delle soluzioni già a regime (su cui realizzare anche commissioni) da offrire alle proprie imprese già a inizio 2018, insieme ad un’attività di ricerca di quelle adatte a proporsi. «Andare a parlare solo di garanzie alle imprese non ha più senso - spiega il direttore di Neafidi, Patrizia Geria -. Il Confidi evoluto si siede al fianco dell’imprenditore per capire insieme le soluzioni finanziarie necessarie. E poi è necessario mettere a terra un mercato di queste forme di finanza anche per le Pmi».
Certo, in Neafidi raffreddano i facili entusiasmi. «I costi sono un po’ più alti rispetto al canale bancario, ma è pur vero che una soluzione così può significare per un’azienda la differenza tra il poter sviluppare o no un progetto», aggiunge Geria. Che pianta poi altri paletti: «Identificare l’azienda giusta per il fintech non è facile: le piattaforme sono molto selettive; e comunque finanziano progetti di sviluppo, non certo l’ordinario. E comunque, come per l’apertura del capitale ai fondi, non ha senso parlarne se l’azienda non ha una visione strategica e una struttura trasparente in grado di mostrare i progetti agli investitori. È una necessità che vale tanto più quando gli interlocutori siano privati che ci mettono duemila euro». E ancora: «Il canale bancario resta prevalente. Ma il fintech può essere interessante per sviluppare un approccio a 360 su tutti i possibili canali. Non si tratta però di scorciatoie. Anzi, qui emerge ancora di più il prerequisito sempre più fondamentale del rapporto equilibrato capitale-debito».
Certo, ci sono anche i vantaggi. Come l’aver risolto una operazione in 15 giorni. O il poter battere questo canale con aziende che, magari dopo momenti difficili, abbiano svoltato e siano chiaramente in ripresa con progetti di sviluppo chiari. Che non sempre trovano il sostegno delle banche.