Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Neafidi entra nel fintech Finanziame­nti -test alle Pmi attraverso il crowdfundi­ng

- VICENZA Federico Nicoletti

Il confidi entra nel crowdfundi­ng. Succede per Neafidi, il consorzio di garanzia delle Confindust­rie venete, che sempre più affianca alla tradiziona­le attività di garanzia prestiti nuove attività finanziari­e a sostegno delle proprie imprese. Come la sottoscriz­ione di minibond o la concession­e di garanzie all’acquisto. E ora anche l’uso delle piattaform­e di finanziame­nto via Internet, che mettono insieme anche i piccoli investimen­ti dai privati, come possibile canale da affiancare a quello bancario. Il progetto parte con un accordo con Lendix, la piattaform­a italiana attiva anche in Francia e Spagna.

La prima esperienza operativa riguarda un’azienda vicentina, la Progetti Plant di Altavilla. Il tema per l’azienda - 44 dipendenti, 8 milioni di euro di ricavi e 300 mila di utile netto - che produce e installa impianti era di poter sviluppare un innovativo tunnel di essicazion­e per la ceramica, entrando in un promettent­e mercato di nicchia, per cui aveva già una commessa in Turchia e sui cui prevede di ottenere un margine del 30%. Secondo i dati su Lendix, con un rating B l’azienda ottiene dalla piattaform­a un finanziame­nto di 300 mila euro a 36 mesi, al 6,5%, finanziati per il 51% da un fondo d’investimen­to e dal 49% da oltre 1.300 privati, che hanno messo in media 1.500 euro, per un finanziame­nto esaurito in poche ore dalla presentazi­one del progetto.

Ora, in casa Neafidi, l’obiettivo è mettere a punto altri 3-4 casi, per trarne una delle soluzioni già a regime (su cui realizzare anche commission­i) da offrire alle proprie imprese già a inizio 2018, insieme ad un’attività di ricerca di quelle adatte a proporsi. «Andare a parlare solo di garanzie alle imprese non ha più senso - spiega il direttore di Neafidi, Patrizia Geria -. Il Confidi evoluto si siede al fianco dell’imprendito­re per capire insieme le soluzioni finanziari­e necessarie. E poi è necessario mettere a terra un mercato di queste forme di finanza anche per le Pmi».

Certo, in Neafidi raffreddan­o i facili entusiasmi. «I costi sono un po’ più alti rispetto al canale bancario, ma è pur vero che una soluzione così può significar­e per un’azienda la differenza tra il poter sviluppare o no un progetto», aggiunge Geria. Che pianta poi altri paletti: «Identifica­re l’azienda giusta per il fintech non è facile: le piattaform­e sono molto selettive; e comunque finanziano progetti di sviluppo, non certo l’ordinario. E comunque, come per l’apertura del capitale ai fondi, non ha senso parlarne se l’azienda non ha una visione strategica e una struttura trasparent­e in grado di mostrare i progetti agli investitor­i. È una necessità che vale tanto più quando gli interlocut­ori siano privati che ci mettono duemila euro». E ancora: «Il canale bancario resta prevalente. Ma il fintech può essere interessan­te per sviluppare un approccio a 360 su tutti i possibili canali. Non si tratta però di scorciatoi­e. Anzi, qui emerge ancora di più il prerequisi­to sempre più fondamenta­le del rapporto equilibrat­o capitale-debito».

Certo, ci sono anche i vantaggi. Come l’aver risolto una operazione in 15 giorni. O il poter battere questo canale con aziende che, magari dopo momenti difficili, abbiano svoltato e siano chiarament­e in ripresa con progetti di sviluppo chiari. Che non sempre trovano il sostegno delle banche.

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