Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
UN ARGINE ALLA FUGA DI CERVELLI
«Perdiamo duemila laureati all’anno»: questo l’allarme lanciato nel marzo del 2016 dalla Fondazione Nordest. La sirena non ha smesso di suonare. Ciò che più preoccupa è la partenza senza ritorno dei giovani con capitale intellettuale d’alto livello. Una dote che è fonte ricca di potenziali attività imprenditoriali innovative. Per il rientro dei cervelli in fuga, s’invoca la crescita che agisca da chiave per aprire la porta del lavoro. Sarà un lavoro di qualità? Un interrogativo che sorge analizzando i dati forniti dall’Ocse. Offriamo occupazione in settori slegati dai curriculum, afferma il think-tank parigino. Sull’altare sacrificale troviamo l’università, colpevole, a dire degli imprenditori, di non essere allineata con le competenze da loro richieste. E se fosse vero (anche) il contrario? Si può asserire che a permettere il rientro a casa dei cervelli sia sempre e comunque l’innovazione intesa come il «fare meglio ciò che già si sa fare bene»? C’è da riflettere sul deficit che accusiamo di imprese imprenditoriali, quelle che sono in sintonia con l’università perché sviluppano industrie e mercati prima inesistenti facendo leva sui nuovi paradigmi tecnologici frutto della ricerca scientifica. È a loro che i talenti coltivati nelle nostre università guardano con tanto interesse da indurli a spostarsi nelle comunità dove esse nascono e crescono.
Per trasformare la fuga in circolazione dei cervelli è altrettanto importante rivitalizzare quella sorgente d’imprenditorialità che fu nel corso del Rinascimento la contaminazione tra umanisti, scienziati e tecnologi. Insomma, dobbiamo tornare alla storia in quanto messaggera di memoria. Ci interrogheremo allora sulle condizioni che a quel tempo favorirono la nascita di imprese culturali, come è il caso della startup di Aldo Pio Manuzio, primo editore dell’età moderna e maggior tipografo del suo tempo. È con Manuzio di casa a Venezia che il libro esce dalle biblioteche per essere letto ovunque e a qualsiasi ora. Quello che oggi è il libro tascabile ha la sua origine nella collaborazione tra Manuzio tecnologo e Pietro Bembo umanista. L’inaugurazione di un’attività imprenditoriale prima inesistente è un’opportunità da esplorare per scoprire idee adiacenti da cui sprigionano altre iniziative collaterali. Così, il bolognese Francesco Griffo trasse spunto dall’innovazione imprenditoriale di Manuzio per inventare e poi tradurre in pratica imprenditoriale la scrittura corsiva. Le idee sono onde che si propagano nello spazio e nel tempo. Con l’avvento della scrittura digitale, sarà Steve Jobs a rivalorizzare la calligrafia per farne un elemento distintivo della sua Apple. Da figure a tutto tondo come Manuzio, grande imprenditore e scopritore d’arte e di talenti, traiamo una lezione indispensabile per invertire la rotta imboccata dal capitale intellettuale dei nostri giovani. L’innovazione radicale non è detto che sia un brutto anatroccolo; potrebbe essere un bel cigno, purtroppo coperto dal velo di elitarismo steso dai tanti che, prigionieri dei passati successi, credono che si debba continuare a fare come sempre si è fatto.