Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Isis, il giudice condanna a 4 anni Meriem: imputata «fantasma»
Padovana fuggita in Siria, se verrà catturata finirà in carcere. Poi l’espulsione
Processo a Meriem. La combattente padovana, fuggita in Siria, è stata condannata a quattro anni di reclusione, cinque di interdizione dai pubblici uffici e anche l’espulsione dal territorio italiano una volta che avrà scontato la pena. Ma il suo avvocato: «Non sappiamo nemmeno se sia viva o no».
Quattro anni di reclusione, cinque di interdizione dai pubblici uffici e anche l’espulsione dal territorio italiano una volta che avrà scontato la pena. Ma mentre il giudice Claudia Ardita leggeva la sentenza di condanna nell’aula del primo piano della Cittadella della giustizia di Piazzale Roma, la prima nei confronti di una foreign fighter in Veneto, il banco degli imputati era vuoto e anzi, resta il dubbio che tutto questo processo sia stato fatto nei confronti di un «fantasma». Perché non c’è alcuna certezza che Meriem Rehaily, la 22enne «foreign fighter» partita da Arzegrande (Padova) nel luglio del 2015 e andata in Siria per arruolarsi e combattere nelle fila dell’Isis, sia in realtà ancora viva, anzi. Da mesi nessuno sa più nulla di lei, nemmeno i genitori, e la scorsa estate erano emerse delle notizie secondo cui nella comunità di sole donne di Raqqa, dove Meriem diceva di essere, una giovane proveniente dall’Italia era stata lapidata per adulterio.
«E’ incredibile non poter sapere se Meriem sia viva o no», scuoteva la testa uscendo dall’aula il suo difensore d’ufficio, l’avvocato Andrea Niero, che non ha mai avuto alcun contatto con lei e, di fatto, nemmeno con i genitori, ieri assenti dopo aver preso le distanze dalle scelte della figlia. «Siamo soddisfatti perché è stato accolto in toto l’impianto della procura», ha commentato il procuratore capo Bruno Cherchi, in aula per la lettura del dispositivo del primo processo per questo tipo di reato in Veneto
Il pm Francesca Crupi aveva chiesto una condanna a 5 anni e nella sua requisitoria aveva ricostruito passo per passo il viaggio della giovane, partita il 14 luglio 2015 con un volo da Bologna per Istanbul e poi passata a Raqqa, come confermato da tutte le chat con i genitori e con l’amica del cuore. «Meriem sapeva bene quello che andava a fare, aspirava a morire per la causa dell’Isis - aveva detto il magistrato - Avrebbe potuto compiere atti terroristici dopo essere stata reclutata: la storia ha dimostrato che spesso i giovani jihadisti sono i più pericolosi, perché l’Isis sfrutta la loro ingenuità e il disagio sociale». La ragazza aveva acquistato il biglietto in un’agenzia di viaggi con i soldi rubati alla Postepay della mamma, fingendo di voler andare a trovare la cugina. E prima di partire avrebbe acquistato, secondo quanto dice il «manuale» dell’Isis, «cuffie e occhiali da sole», come testimoniato da un giovane. A Istanbul, con il telefono di un’altra ragazza conosciuta in aereo, aveva chiamato un numero di reclutamento dell’Isis e poi si era spostata a Raqqa, dove indossava il niqab (velo integrale) e badava ai bambini, più volte sentiti in sottofondo durante le telefonate.
Meriem era già sotto indagine della procura di Roma, che l’aveva intercettata come «sorella Rim» sul web, dove aveva fatto circolare dei documenti propagandistici tradotti da lei in italiano. Il pm si è soffermato anche sul percorso di radicalizzazione della ragazza, confermato dalle indagini tecniche sul suo computer e sui profili social, ma emerso già dai temi in cui parlava del martirio e della vittoria della jihad, tanto da allarmare la preside. La pm non aveva però ritenuto di contestarle l’adesione vera e propria all’Isis, un reato che sarebbe più grave: «Manca un suo ruolo funzionale e anzi poi si pente e vorrebbe tornare a casa», aveva concluso.
Lo stesso reato di arruolamento è stato contestato dalla procura antiterrorismo anche a Munifer Karamaleski, 29 anni, per il quale il processo di fronte alla Corte d’assise di Belluno inizierà il 17 gennaio, mentre sono già stati condannati in abbreviato i suoi due reclutatori Ajhan Veapi, macedone di 38 anni, e Rok Zavbi, sloveno di 26 anni. A marzo ci sarà invece l’udienza preliminare di fronte al gip Massimo Vicinanza per i tre presunti terroristi di Rialto, ai quali è contestata l’adesione all’Isis.
Il pubblico ministero Meriem sapeva bene quello che andava a fare Avrebbe potuto compiere atti terroristici dopo essere stata reclutata
Il giudice Per Meriem quattro anni di reclusione, cinque di interdizione dai pubblici uffici, e l’espulsione dal territorio italiano una volta scontato la pena