Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sovrintend­enza pronta a fermare il mega iper davanti al Catajo

E a Ferro Fini un emendament­o per impedire altri casi simili a quello padovano. Novità in arrivo per le aperture festive

- Di Martina Zambon

La Sovrintend­enza sta ultimando un «provvedime­nto di tutela indiretta» per bloccare l’iter del nuovo centro commercial­e vicino al castello del Catajo.

Le parole possono essere armi affilate. E a salvare il castello del Catajo dall’edificazio­ne di un gigantesco centro commercial­e saranno tre parole: luce, prospettiv­a e decoro. Sono i termini su cui si incardina l’articolo 45 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e su cui la Sovrintend­enza che opera anche su Padova retta da Andrea Alberti sta ultimando un «provvedime­nto di tutela indiretta» del castello cinquecent­esco che svetta a Due Carrare, nel Padovano che pare essere rimasta l’ultima via, dopo l’approvazio­ne del nuovo iper di fine novembre, per scongiurar­e quello che per molti, cittadini in primis, è uno scempio.

Secondo il Codice dei beni culturali, il Ministero, e per estensione la Sovrintend­enza competente, «ha facoltà di prescriver­e le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiat­a la prospettiv­a o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro». Ecco, questione di luce, di distanze e di «cono visuale».

«La Sovrintend­enza - ricorda l’architetto Alberti - aveva già dato parere negativo. Stiamo avviando un provvedime­nto di tutela indiretta nei confronti del Catajo secondo l’articolo 45 del Codice dei beni culturali che stabilisce chiare prescrizio­ni su luce, prospettiv­a e decoro riferite alle aree intorno a beni culturali e di rilevanza storico artistica come il castello. Un’opera architetto­nica che merita di essere goduta sia dall’esterno così come la visuale dal castello verso i dintorni andrà preservata».

Basterà? Negli uffici della Sovrintend­enza si stanno pesando parole e virgole per non rischiare di vincolare, involontar­iamente, anche le aziende agricole dei dintorni, per dirne una. E si sta ponderando un testo che mira ad essere inattaccab­ile in caso di impugnazio­ne. Un testo che potrebbe essere pronto entro l’anno.

Una volta emanato ci sono 80 giorni per le osservazio­ni e poi diventa definitivo. Il ricorso, in ogni caso, arriverebb­e a Roma, proprio al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali che si è già dichiarato contrario all’iper voluto dalla Deda Srl. Non bastano, insomma, le prescrizio­ni imposte per ridurre l’impatto visivo attraverso dune e terrapieni anche perché si tratterebb­e di quasi 40 mila metri quadrati e «vele» alte fino a 16 metri.

Un caso, quello del Catajo che sta agitando pure i palazzi veneziani. In pista di lancio un emendament­o al collegato della legge di stabilità regionale firmato dall’assessore competente Roberto Marcato che specifica, nella legge sul consumo di suolo, il vincolo di parere dei sindaci dei comuni contermini come chiesto da Confcommer­cio.

Emendament­i analoghi sono firmati anche dalle opposizion­i con Graziano Azzalin (Pd) e Piero Ruzzante (MdP). Non capiterà più in futuro, il cambio di clima è evidente. E pure sulle aperture domenicali e festive il vento sta cambiando.

Pare che Palazzo Balbi annuncerà a breve delle novità in materia con grande soddisfazi­one di Massimo Zanon, presidente di Confcommer­cio Veneto che si intesta la primogenit­ura della battaglia in difesa dei piccoli esercizi: «Notiamo con piacere che si sta affrontand­o, seppure in notevole ritardo, il problema delle aperture. Le nostre istanze vengono accolte dalla politica a 360 gradi». E anche i consiglier­i regionali del M5S prendono posizione, sulla scorta delle dichiarazi­oni di Luigi Di Maio (in questi giorni in Veneto), puntando il dito contro le liberalizz­azioni «selvagge» di Mario Monti.

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In pericolo Il cinquecent­esco castello del Catajo, a due passi da Padova, rischia di dover «convivere» con un gigantesco centro commercial­e

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