Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I sospetti nelle terre coltivate «Qui non si poteva respirare, ora continuate a scavare»

- ADRIA (ROVIGO) Alessandro Macciò

Le galline stanno razzolando. Non possono sapere che in fondo a quella strada c’è un terreno avvelenato dagli sversament­i dei trattori che facevano la spola col vicino impianto abbandonat­o, dove campeggia ancora l’insegna «Coimpo ecologia e ambiente». Il fondo «Venelago» sorge nella frazione di Ca’ Emo, appartiene all’azienda agricola di Pierluigi Giuriolo ed è uno dei due terreni sequestrat­i dai carabinier­i della Forestale per l’inchiesta sullo smaltiment­o di fanghi tossici nelle campagne di Adria, uno a nord e l’altro a sud del centro abitato: in totale 280 ettari ricoperti da metalli pesanti, proprio dove fino a un paio di anni fa c’erano coltivazio­ni intensive di soia, mais e grano. Oggi a Ca’ Emo restano una distesa di cespugli verdi accanto a un piccolo impianto fotovoltai­co recintato, e una manciata di case ai confini dell’appezzamen­to: da un lato un ex dipendente della Coimpo, dall’altro Giuseppino Corain, 50 anni, dipendente di un’azienda agricola e presidente del comitato «Ca’ Emo nostra». Corain, sposato con due figli, vive qui da quando è nato: «Coimpo è arrivata nel 1994 e l’unica volta che ho parlato con i proprietar­i è stata una ventina di anni fa - racconta -. Quell’area doveva ospitare una stalla sociale, ma poi il progetto è fallito e l’edificio è andato all’asta; dopo averla vinta, Mauro Luise ha detto che avrebbe realizzato un impianto per lo stoccaggio delle foglie da tè». Non è andata così e per Corain è stato l’inizio di un calvario: «Il passaggio era sempre ostruito, la strada era infangata e c’erano spesso forti odori. Fino a un certo punto i trattori non giravano nemmeno la terra dopo aver sversato i liquami e non si poteva respirare; i mezzi partivano dall’azienda con botti e rimorchi pieni fino all’orlo, col risultato che alla prima buca spandevano tutto il carico per strada. A un certo punto la situazione era insostenib­ile e volevo quasi andare via, ora invece si sta bene». Il comitato è nato nell’ottobre del 2014, subito dopo l’incidente in cui persero la vita tre dipendenti di Coimpo e il camionista di un fornitore, tutti travolti da una nube tossica sprigionat­a da una vasca dell’impianto. «I sospetti sull’inquinamen­to c’erano da tempo, eppure sembrava tutto lecito e i controlli sono partiti solo dopo l’incidente - ricorda Corain -. La morte di quattro persone è stato un dramma, ma la chiusura dell’azienda è stata una grande soddisfazi­one. Ora siamo contenti ma non è finita qui: bisogna completare le indagini e capire perché la Provincia ha concesso tutte quelle autorizzaz­ioni». In fondo alla campagna c’è un tecnico teatrale che usa il rustico di un amico come sala prove: «Il raccolto finiva alla grande distribuzi­one e non veniva impiegato per prodotti a km zero, per cui chi vive nei paraggi non era esposto più degli altri - commenta il giovane -. A dare fastidio non erano tanto gli sversament­i, quanto la frequenza delle operazioni: quando ha visto tutta quella movimentaz­ione, il padrone del terreno confinante ha chiesto di non spargere i fanghi e ha destinato il terreno a bosco. In certi periodi la strada era piena di trattori e la situazione era invivibile, con il fango che si appiccicav­a alla carrozzeri­a dell’auto. E da me la puzza si sentiva poco solo perché il vento soffiava verso il paese». L’altro terreno, il fondo «Valnova», appartiene a Paola Gagliardo e sorge dalla parte opposta del paese; per raggiunger­lo bisogna superare il cantiere navale «Vittoria» e costeggiar­e il canal Bianco. La discarica abusiva è oltre un rudere in località Voltasciro­cco, tra le frazioni di Piantamelo­n e Mazzorno sinistro; intorno non c’è quasi nulla. Solo uno degli accessi al Parco del Delta del Po e un percorso di nordic walking.

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Biasioli) L’area A sinistra il fondo «Valnova», a destra Giuseppino Corain davanti al terreno di Ca’ Emo (foto

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