Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Crescita con Jobs Act e incentivi 4.0 Contratti brevi? Il tema è secondario»
Il presidente Boccia in Veneto: «Le banche? Non si cerchi il colpevole dietro l’angolo»
«Questo Paese ha delle potenzialità incredibili, alcuni provvedimenti stanno dimostrando che l’economia italiana può reagire. Ma affrontare una discussione sulla durata dei contratti a tempo determinato non mi sembra sia fondamentale». Parola di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, che ne ha parlato ieri, a Mogliano, a margine di un incontro con i delegati delle associazioni territoriali del Veneto in preparazione delle assise generali del 16 febbraio prossimo, a Verona. «Città simbolo del Nordest e della piccola, media e grande industria manifatturiera. Ma anche una data simbolo, in quanto immediatamente precedente alla fase calda della campagna elettorale».
Presidente, forse è ancora presto per mettere a fuoco nel dettaglio cosa andrete a proporre alle forze politiche, ma c’è già qualche argomento più forte degli altri?
«Per cominciare, vorremmo che i provvedimenti che hanno avuto un effetto sull’economia reale non fossero toccati. È vero che l’economia sta invertendo la marcia, con più export e più investimenti privati, ma è anche vero che siamo ancora in una fase delicata. Perciò non smontiamo le buone riforme fatte e costruiamo una seconda stagione, con chiunque sia al governo».
E le buone riforme quali sono?
«Mi pare evidente che il combinato disposto del Jobs Act e degli incentivi per gli investimenti in “Industria 4.0” stiano dando degli effetti significativi sull’economia reale».
Il Jobs Act ha messo in moto le assunzioni ma vediamo anche lievitare i contratti precari. Di contratti a termine forse ce ne sono troppi, secondo alcuni, e di durata troppo breve. «È un argomento che non mi sembra fondamentale».
Di fondamentale, dunque, cosa vede?
«Rispetto allo scorso anno ci sono stati incrementi del 30% in investimenti privati e del 7% in esportazioni, e questi sono dati. Però occorre fare in
modo che la crescita non sia il fine ma diventi una precondizione per contrastare diseguaglianze e divari del nostro Paese. Poi dobbiamo aggiungere una stagione di investimenti pubblici in infrastrutture che colleghino sia i territori, e in questo il Veneto è un’area sensibile, sia il Paese al mondo».
Il ragionamento funziona se si avrà, in primavera, un interlocutore di governo ben definito. Ha fiducia in questo?
«La frammentazione politi- ca attuale non ci aiuta in termini di affidabilità ed è uno dei motivi per cui noi facciamo le assise. Ce lo chiediamo sempre: il quadro che ne deriverà darà stabilità al Paese? Non lo sappiamo, dipende dall’esito della campagna elettorale e dalle regole. Confindustria aveva appoggiato il referendum sulle riforme costituzionali di un anno fa perché era ritenuto uno strumento di stabilizzazione del sistema. Così non è stato e adesso bisogna fare i conti con la realtà. Ma, proprio per questo, nell’ipotesi in cui non ci sarà stabilità, concentrarsi sui fondamentali economici diventa davvero essenziale».
La brutta fine delle ex Popolari venete, a freddo, cosa insegna?
«Che occorre essere sempre attenti alla vera economia reale ma anche a evitare strumentalizzazioni. Se c’è un’indagine si faccia lavorare coloro che la devono svolgere, evitando di trovare il colpevole dietro l’angolo. Il Paese ha bisogno di equilibrio e di buonsenso, non di stati d’ansia proprio quando gli investimenti stanno riprendendo».