Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Zonin, day after. Il legale di Sorato: solito disco E Ugone: non ci ha perso

- di Federico Nicoletti

Zonin? «Bisogna credergli solo quando dice che non è un banchiere ma un industrial­e. Visti i risultati, certo un banchiere non lo è stato». Dopo di me il diluvio. Salvatore Bragantini, l’ex commissari­o Consob che è stato vice vicario di Gianni Mion alla presidenza di Bpvi nello sfortunato tentativo di salvataggi­o di Atlante, commenta così l’audizione dell’ex presidente Bpvi, Gianni Zonin.

Quella dell’«anch’io ho perso soldi». Quella che ha caricato le colpe sulle gestioni seguenti alle sue. A partire dall’amministra­tore delegato Francesco Iorio (che per altro lui aveva chiamato), che per Zonin «ha molto contribuit­o al disastro». Tutto succede dopo. Sotto la sua presidenza «il patrimonio era consistent­e ed eravamo il primo socio di Cattolica». La spiegazion­e è su un doppio binario: Zonin si intesta i meriti finché le cose vanno, mentre diventa un presidente senza deleghe, che non ricorda, che non si è mai occupato di crediti e che viene tradito dai suoi manager, che gli preparano di nascosto il bubbone del miliardo di «baciate» che lui scopre dagli ispettori Bce. «Abbiamo ascoltato il solito disco, che ormai ha stancato - è la replica di Fabio Pinelli, difensore dell’ex direttore generale Samuele Sorato -. Tutti sanno che non si muoveva foglia in Bpvi che non passasse attraverso la decisione di Zonin. Nulla sfuggiva alla sua attenzione. Libero di sostenere il contrario; ma sono cose a cui nessuno crede».

Perché se quel che succede dopo di lui va messo a fuoco vedi il peso del bail-in su Etruria e le altre tre banche che fa fuggire i depositi anche nelle venete a fine 2015 - comunque Zonin rimuove del tutto che le basi del disastro si mettono sotto le sue gestioni. Gli 1,1 miliardi di capitale che svaporano all’improvviso, quantifica­ti proprio da Iorio nell’estate 2015 sulla scia dei 500 scoperti da Bce, perché si scopre che sono finanziati con i prestiti della banca, mentre il resto degli aumenti 2013 e 2014 sono piazzati «taroccando» i questionar­i Mifid dei clienti. Il miliardo di valore di avviamento, che Bankitalia segnala come irrealisti­co già nell’ispezione 2012 e che Bce azzera nel 2015, fatto mantenendo a valori artificial­i gli sportelli pagati a carissimo prezzo, come il valore in bilancio della quota Cattolica che al dunque costa centinaia di milioni di svalutazio­ni.

E ancora, i prezzi delle azioni a valori stellari, che si trasforman­o in una trappola mortale da cui non si sfugge più. Azioni che nessuno più vuole e che creano la girandola sempre più vorticosa delle lettere di riacquisto. E dei soci scavalcati nelle vendite. Da ultimo il capitolo dei prestiti cresciuti del 25% nei quattro anni della crisi, mentre le banche chiudono i rubinetti. Che producono però perdite latenti pesantissi­me, che emergono una volta che Bce ci mette il naso: 9 miliardi di crediti deteriorat­i, 4,5 miliardi di svalutazio­ni negli ultimi tre anni e perdite di bilancio per 4 miliardi. Situazione probabilme­nte irrecupera­bile.

«Zonin ha perso molti soldi? Con gli emolumenti di 19 anni di presidenza fa pari e patta con i 18 milioni bruciati attacca Luigi Ugone, leader dell’associazio­ne “Noi che credevamo nella Bpvi” -. Almeno si eviti i paragoni con i soci che hanno davvero perso tutto: lui i soldi, come noi, li ha visti svanire per colpa sua. Ma la differenza tra noi e lui è capitale. Zonin vuole gli onori e non gli oneri. Ma visto che non si ricorda, non lo faccia solo con quello che vuole lui. Senza contare il capitolo crediti alle sue imprese». Secondo il prospetto all’aumento di capitale 2016, 48 milioni nel 2015. «Davvero: Zonin lasci perdere il tasto dei soldi persi - conclude Ugone - Con la banca sarà comunque sempre in debito».

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