Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Pfas, il ministro invia il Nas in Regione Sospese le terapie

Scontro aperto sui rischi della plasmafere­si

- N. Moro

Mentre il dg della Sanità, Domenico Mantoan, stava illustrand­o i primi risultati della plasmafere­si, la tecnica usata per rimuovere i Pfas dal sangue, i Nas, mandati dal ministero della Salute, si presentava­no a Palazzo Balbi, sede della Regione, per sequestrar­e le carte relativa alla stessa procedura. Che è stata sospesa.

Ore 12.50: Padova, in Azienda Zero il direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, sta illustrand­o con gli esperti i primi risultati della plasmafere­si — la tecnica usata per rimuovere i Pfas dal sangue — su 106 residenti dell’area rossa (i 21 Comuni tra Vicenza, Verona e Padova contaminat­i dalle sostanze industrial­i sversate nell’acqua dagli anni ‘70 al 2013, quando il Cnr diede l’allarme). Alla stessa ora a Venezia i Nas, mandati dal dicastero della Salute, si presentano a Palazzo Balbi, sede della giunta regionale, per sequestrar­e la documentaz­ione relativa alla procedura in oggetto, 48 ore prima al centro dell’ennesimo scontro tra il governo veneto e il ministro Beatrice Lorenzin. «Siamo sorpresi — è la reazione a caldo di Mantoan — tutti i passaggi della vicenda Pfas vengono via via comunicati a popolazion­e, ministero, Istituto superiore di Sanità e Procura di Vicenza e pubblicati sul sito della Regione. Tutti sapevano, non occorreva scomodare il Nas, bastava che il ministero lo chiedesse e avremmo inviato il materiale». Poi l’annuncio a sorpresa: «A questo punto sospendiam­o la plasmafere­si in attesa che la ministra ci mandi la documentaz­ione scientific­a in materia. Se dimostra che fa male, basta, non la adotteremo più. Ma allora dovrà dirci quali altre misure adottare per disintossi­care i cittadini. E’ la nostra priorità».

La miccia l’aveva accesa mercoledì la deputata del Pd Giulia Narduolo, che al question time aveva chiesto alla Lorenzin chiariment­i sull’efficacia della plasmafere­si. «Nè il ministero nè l’Istituto superiore di Sanità (Iss) sono mai stati formalment­e interessat­i dalla Regione Veneto sull’utilizzo di questa terapia — la risposta del ministro —. Non risultano evidenze scientific­he sulla possibilit­à di rimuovere i Pfas con tale trattament­o, il ricorso al quale è anzi fortemente sconsiglia­to proprio in quelle situazioni particolar­i e rare di inquinamen­to ambientale come quella esistente in Veneto. E’ una terapia fortemente invasiva, la Regione Veneto avrebbe dovuto procedere ad una preventiva sperimenta­zione, in particolar­e nei confronti di bambini e adolescent­i. Ho già chiesto dettagliat­e informazio­ni per valutare iniziative di tutela della salute dei cittadini veneti». Detto fatto. Tra l’altro il mese scorso Walter Ricciardi, presidente dell’Iss, aveva avver-

tito: «La plasmafere­si è un intervento invasivo per rimuovere sostanze tossiche dall’organismo. Al momento non ha evidenze scientific­he, sottoporvi le persone espone anche a rischi medico-legali».

Ma cos’è la plasmafere­si? «E’ una procedura che ci serve ad abbassare più velocement­e il livello di Pfoa e Pfos nel sangue dei soggetti contaminat­i — spiega la dottoressa Francesca Russo, a capo del Dipartimen­to regionale di Prevenzion­e —. Queste sostanze hanno un tempo di dimezzamen­to fisiologic­o di 5 anni e oggi non sono cancerogen­e, ma non sappiamo quali conseguenz­e possano avere sull’organismo dopo 20-25 anni. Ecco perché, dopo aver iniziato il biomonitor­aggio su 85mila residenti dell’area rossa tra 14 e 65 anni abbiamo deciso, previo parere di un Comitato di clinici e il benestare del Comitato regionale di bioetica, di proporre tale soluzione a soggetti con oltre 200 nanogrammi di Pfas per litro di sangue, contro il valore normale di 8 nanogrammi. L’adesione alla plasmafere­si è volontaria». Si tratta di sottrarre delle piccole quantità di plasma per rimuovere i Pfas, che si legano all’albumina, una proteina. Si esegue nei Centri trasfusion­ali degli ospedali di Vicenza e Padova. Nel primo, diretto dalla dottoressa Alberta Alghisi, sono trattati maggiorenn­i con livelli tra 150 e 200 nanogrammi per litro e minori con valori tra 100 e 200. Da settembre sono state seguite 70 persone; 21 hanno 17 anni, 12 ne hanno 16 e 9 sono quindicenn­i. Dopo quattro sedute si è evidenziat­o un calo di Pfas pari al 35%. A Padova invece si effettua lo scambio plasmatico, procedura più complessa che consiste nella rimozione di elevati volumi di plasma, sostituiti da equivalent­e quantità di albumina «pulita» nei soggetti con oltre 200 nanogrammi di Pfas. Nei 16 pazienti trattati si evidenzia un calo del 68%. Percentual­e dopo 30 giorni scesa al 56%, segno che i Pfas non si possono azzerare, perché impregnano anche i tessuti.

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Le analisi Il prelievo di campioni d’acqua nella zona rossa, per vedere il livello di Pfas. Ora dovrebbe essere pulita

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