Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Biotestamento, già quattro i malati veneti pronti a chiedere lo stop alle cure
In Veneto otto Comuni avevano già un registro «Dat»
La «Dat», la disposizione anticipata di trattamento introdotta dalla nuova legge sul testamento biologico, non è una novità assoluta in Veneto. Sono otto infatti i Comuni che negli anni scorsi avevano giocato d’anticipo, aprendo uno sportello per raccogliere le volontà sul fine vita. La stima è di oltre mille Dat già depositate, di cui 400 a Venezia e 73 a Padova. «Cura con cura», la società di infermieri che ha assistito Dino Bettamin, ha ricevuto la disposizione da quattro pazienti con malattie neurologiche degenerative.
Avevano giocato d’anticipo, quando la strada sembrava in salita. E la loro scelta si è rivelata lungimirante. Sono otto i Comuni del Veneto che negli scorsi anni avevano già istituito un registro per le disposizioni anticipate di trattamento, le «antenate» delle Dat introdotte giovedì dalla legge sul testamento biologico approvata dal Senato: a Belluno, Marcon, Mira, Padova, Spinea, Treviso, Venezia e Vicenza i cittadini possono già esprimere le proprie volontà sul fine vita, con la nomina di un fiduciario incaricato di rispettare il rifiuto degli accertamenti diagnostici e di trattamenti sanitari come nutrizione o idratazione artificiale per persone in stato vegetativo. In Veneto la stima è di oltre mille Dat già depositate: a Padova il registro è nato nel 2011 e ha raccolto 73 disposizioni, a Venezia è partito due anni dopo e le comunicazioni sono più di 400, consegnate sia dai malati che da persone in salute. Ora gli sportelli cercheranno di capire se le Dat già depositate avranno valore di legge e come fare per realizzare la transizione. Ai Comuni poi bisogna aggiungere notai, avvocati e realtà come «Cura con cura», la società di infermieri professionisti che ha assistito Dino Bettamin, il macellaio di Montebelluna malato di Sla che lo scorso febbraio si è spento a 70 anni dopo aver chiesto e ottenuto la sedazione palliativa. «Attualmente sono quattro i pazienti con malattie neurologiche degenerative che ci hanno chiesto di non essere ricoverati in ospedale e di sospendere determinati trattamenti in caso di aggravamento», dice Anna Tabarin di «Cura con cura». E la nuova legge? «Va bene, ma c’è il rischio che qualcuno metta il timbro sulla scelta del malato.. Sotto certi aspetti il biotestamento restringe troppo il campo e mette etichette che suscitano pensieri difensivi: dipenderà molto dalla figura del fiduciario, che non dev’essere il depositario di una scelta ma di un percorso condiviso. Il rischio è che la situazione sfugga di mano e che aumenti il numero dei ricoveri in ospedale. E poi confermare la propria decisione davanti a un pubblico ufficiale sarà più faticoso». Di tutt’altro tenore la reazione di Maria Grazia Lucchiari, esponente dei Radicali veneti: «Siamo felici, questa legge è il risultato di una battaglia iniziata molti fanni fa ed è un ulteriore passo verso la libertà di scelta». Commentando la decisione del Senato, il Patriarca di Venezia aveva detto che «chi corre rischia di non considerare tutti gli elementi». Dal canto suo, Lucchiari ricorda le ultime parole di Papa Giovanni Paolo II («Lasciatemi andare alla casa del Padre») e quelle di Papa Francesco sul fine vita («Può essere moralmente lecito sospendere le cure»): «Le libertà individuali vanno oltre la fede religiosa. E comunque resta la libertà di scelta: chi è contrario a questa possibilità non la usa». Si dice «contento» della legge anche Giuseppe P., il padre di Elisa, la donna veneziana di 46 anni in stato vegetativo da 12 dopo un grave incidente d’auto: «Sto aspettando di confrontarmi con l’associazione Luca Coscioni per capire che novità ci sono e come comportarmi dice Giuseppe -. Nei prossimi giorni intanto mia figlia ripeterà per la prima volta gli esami eseguiti dodici anni fa. Liberare chi soffre è una scelta che non matura subito ma dopo anni. E non si può cambiare idea».