Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Mose, cresta sui cassoni. «Una parte al Pd»

Il nuovo memoriale di Savioli. Condotte: noi parte offesa

- Di Alberto Zorzi

«A fronte della richiesta da parte di Condotte della retrocessi­one di una somma ancora non determinat­a mi recai alla direzione del Consorzio Venezia Nuova e riferii della richiesta. L’indicazion­e che ricevetti fu la seguente: chiedi per Cvn 30 mila euro da destinarsi a chi dirò». Pio Savioli è il referente dell’allora Coveco (il consorzio delle coop venete, oggi Kostruttiv­a) nel Cvn e, come ha ammesso, a lui andavano 90 mila euro per ogni cassone, mentre i restanti 160 mila li intascava – pure lui reo confesso – l’ingegner Stefano Tomarelli, all’epoca plenipoten­ziario di Condotte per il Mose. E’ la famosa «cresta» sui cassoni di Chioggia, il cui costo, secondo l’accusa, sarebbe stata elevato da 7,6 a 8,1 milioni di euro cadauno in modo che da quel mezzo milione in più si potesse ricavare una provvista della metà (come «da tradizione» del Consorzio di allora) in fondi neri: 250 mila euro.

Di quei soldi Savioli ha già parlato nel luglio 2014, ma torna di fronte agli inquirenti il 26 febbraio 2016, nell’ambito dell’inchiesta «Mose 6», che – come si è scoperto dall’avviso di conclusion­e delle indagini – vede ora sotto accusa 10 persone (tra cui i due ex manager) con l’accusa di produzione e uso di fatture gonfiate, tutti dirigenti o ex delle imprese coinvolte: Condotte e Coveco-Kostruttiv­a che avevano l’appalto dal Cvn tramite la Clodia, le coop Clea e San Martino che hanno realizzato i lavori con la consortile «Mose 6». E si presenta con un memoriale inedito, ora agli atti dell’inchiesta, dove spiega come venivano distribuit­i i 90 mila a cassone «erroneamen­te attribuiti alla mia disponibil­ità»: «Ventimila euro erano di spettanza di Mario Boscolo (legale rappresent­ante della coop San Martino, morto nel 2015 e dunque non in grado di replicare, ndr) - scrive Savioli - da lui concordati con l’ingegner Tomarelli»; «I 30 mila di spettanza diretta di Cvn - aggiunge - venivano da me versati, su mandato di Cvn, al signor Marchese (Giampietro, ex consiglier­e regionale, ndr) a favore del Pd»; «I restanti 40 mila vennero poi utilizzati per contribuir­e alle campagne elettorali del Pd del 2010 e 2013»; «Per quanto riguarda la mia persona - conclude Savioli - consapevol­e comunque degli illeciti commessi, ritengo di quantifica­re in 100 mila euro tale somma». Dichiarazi­oni che specifican­o meglio quelle rese il 14 luglio 2014 e che il giorno successivo vennero sottoposte a Marchese, il quale, pur ammettendo di aver ricevuto da Savioli 10 mila euro al mese fino al 2012 per un totale di 150 mila euro per saldare i debiti della campagna elettorale 2010, nega somme ulteriori e soprattutt­o dopo quella data. «Savioli cerca di attribuire ad altri soldi che forse si è trattenuto», ipotizza il legale di Marchese, l’avvocato Francesco Zarbo. Anche perché Savioli, in linea teorica, avrebbe tutto l’interesse a limitare la somma di denaro che si è tenuto, di cui rischia la confisca.

Dichiarazi­oni che fanno il paio con quelle di Tomarelli, il quale già il 25 giugno 2014, interrogat­o sui 160 mila euro, disse che «una parte li ho tenuti per me e una parte invece no». Alla domanda di chi fosse il destinatar­io, l’ingegnere tira in ballo l’ingegner Paolo Bruno, ex presidente di Condotte, morto nel 2013. «Diciamo che a lui sono andati 800, 900 mila euro - dice - Sugli otto cassoni doveva arrivare a un milione, quindi 120, 130 l’uno, così». Siccome le fatturazio­ni sui cassoni sono proseguite anche negli anni successivi, anche dopo l’arresto di Tomarelli nella «retata» del 4 giugno 2014, ora indagato è pure il presidente Duccio Astaldi, che ha firmato le dichiarazi­oni dei redditi, contestate dalla Finanza e dal pm Stefano Ancilotto fino al 2016. «La società ha già da tempo attivato un’azione di responsabi­lità nei confronti dell’ex dirigente coinvolto per ottenere il risarcimen­to dei danni subiti e ha da tempo depositato presso la procura di Venezia le nomine a difensore quali parti offese di tali reati -. replica però Condotte - L’avviso di garanzia è un atto dovuto e attendiamo serenament­e che la giustizia faccia il suo corso, attestando la validità delle poste in bilancio oggetto della contestazi­one».

Va detto anche che lo stesso Savioli, nel suo memoriale, ricorda che il costo di 7,6 milioni fu molto «tirato» e Clea, che all’inizio aveva fatto un preventivo da 10 milioni, lo accettò «tra pianti e lacrime motivate». E – che potrebbe essere anche la tesi difensiva di Clea e San Martino – non ci sarebbero stati costi «gonfiati», anche se Stefano Boscolo Bacheto, figlio di Mario, rivelò che Clea aveva aumentato il ferro. Dunque quella retrocessi­one poteva provenire anche da altri fondi occulti delle imprese, ma così cadrebbe l’accusa fiscale.

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Cassoni Uno dei tecnici delle aziende del Mose alle prese con la pulizia delle paratie dell’opera, che servono a contenere le maree

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