Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Caffè alla marijuana tra rasta e ragazze alla moda. E presto arriverà anche il vino
Mi faccio un bel caffè alla cannabis. E anche una birra alla cannabis, ma prima inchiavardo per bene la bicicletta, l’ultima me l’hanno fregata che saranno dieci giorni, poco più in là. Siamo in via Gorizia, dietro campo Marzo, la stradella di Vicenza col più alto tasso di inglese parlato (assieme ad altri dialetti centroafricani), con la più alta concentrazione di nigrizia (si può dire?) e dove, adesso, è anche possibile comprare l’«erba» con il più alto tasso consentito e legalmente tutelato di «CBD» (cannobidiolo, attenzione, da non confondersi con il «THC»), una delle tante varianti del principio attivo della marijuana. Con questa vai in galera, con l’altra no. Male non fa, paura non avere.
Lo facciamo sotto l’occhio vigile di due telecamere fisse e l’andirivieni nervoso di una pattuglia della polizia. A Vicenza apre il «Cannabis Store Amsterdam», rivendita in franchising della catena europea dello sballo simulato e della beatitudine consentita. Anzi, inaugura. Il caffè costa due euro (buono, aromatico con retrogusto erboso), la birra cinque e l’effetto che fa ve lo diremo domani. «Rilassa», dice il gestore. Io dico oste perché questo esercizio è nuovo e non ha paragoni: un po’ mescita, un po’ boutique, un po’ banco d’assaggio. Si vendono accendini con la mitica foglia tripartita, cartine per rollare, liquidi per chi «sbafa» elettronico, ma anche felpe, t-shirt e, naturalmente, erba in bustine e «fumo» in tavoletta, i prodotti più richiesti. Bob Marley canta in sottofondo, i ragazzi che entrano hanno il cavallotto molto basso ma ci sono anche ragazze alla moda in biondo tonalità Roma-nord. Sarà l’effetto placebo, sarà la suggestione, ma qui sono tutti allegri e disponibili e gli affari sembrano andare a gonfie vele.
Il responsabile commerciale, Giovanni Bianco, è un napoletano; e napoletano è anche il ragazzo di bottega, veneti sono solo il gestore Cristian Cecchinato e la moglie. I partenopei li senti dagli occhi prima che dalla voce, solo i napoletani hanno quella meravigliosa mobilità dello sguardo, la capacità stereofonica di cogliere tutto in simultanea, il dono lampeggiante e furtivo che rivela il controllo assoluto dell’«environment». Napoletane, del resto, sono le cialde del caffé e la tisana che mi raccomandano «alla melassa citronella con erba di San Giovanni Iperico, alloro, semi di canapa e foglie». Scusate l’inglese, ma ci sta. Ecco infatti un rastafariano nero che si informa: «Really? Is it for free? Cool!». Per essere fico è fico, gratis no. Legale invece, igienicamente confezionato e con tanto di data di scadenza. Mentre Cristian e Giovanni intrattengono la clientela, la moglie di Cristina, Valentina, in vertiginosa minigonna nera, riscuote alla cassa e rilascia scontrini fiscali e liberatori come altrettante sentenze di assoluzione. Non è per malizia, ma chi ha un minimo di pratica commerciale e sa di concorrenza, converrà che due tra i tanti clienti presenti nello store non erano come gli altri, anzi: decisi, neri, con l’aria di saper bene quello che volevano. Sono andati diritti allo scaffale delle bustine, se ne sono fatti aprire una, l’hanno annusata e hanno pagato. Poi se ne sono andati via lesti come erano venuti. Così chiedo al rastafariano: «Visto quei due? Sembrano la concorrenza in avanscoperta. Non sarà che ne viene fuori una guerra commerciale? Il nigeriano ha denti bianchissimi, «take easy», mi dice, tranquillo: «No fight», nessuna guerra. E forse ha ragione e magari è da stupidi immaginarsela, però quei due non erano clienti come gli altri e resta il fatto che i due mercati — il legale e il clandestino — sono dirimpettai, aprono sulla stessa strada, faccia a faccia, qui, in via Gorizia.
A giorni arriverà anche il vino alla cannabis, unico prodotto che non potrà essere venduto con il nome di Aglianico e Falanghina: si chiamerà «bibita aromatizzata a base di vino». A onor del vero, va detto che piantine di erba cannabis di qualità sativa, da tempo sono in vendita in un altro negozio del centro, nella venezianissima via del Ponte delle bele, e per chi volesse rifornirsi di semi c’è anche un negozio che ne vende di selezionati dalle parti di Rettorgole, sulla strada dell’aeroporto.
«Lei fuma?», chiede il ragazzo di Napoli. Solo toscani, dico. «Meglio. Gira un sacco di porcheria. Erba addizionata di ammoniaca. A Napoli ci mettono anche l’eroina, la fanno ‘scoppiettare’». Spiega che non c’è differenza tra pianta maschia e pianta femmina, solo che l’una secca prima. Dice che niente scappa alla prova del «fast salt blu», il reagente usato dalla polizia. Sei un «cuoco?» gli chiedo. «No, sono perito chimico».
In negozio Lei fuma? Gira un sacco di porcheria. Erba addizionata di ammoniaca. A Napoli ci mettono anche l’eroina