Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Slitta la decisione sul futuro della Asco Holding I soci rinviano in attesa che il Tar si pronunci sul ricorso degli imprenditori di Plavis
Come da attese, l’assemblea di Asco Holding, convocata ieri pomeriggio a Pieve di Soligo, ha scelto di rimandare la decisione sulla soluzione rispetto al dilemma che la attraversa ormai da alcuni mesi. Ossia se fondere il gruppo nella controllata quotata Ascopiave per ovviare all’obbligo dei Comuni di cedere le proprie quote in esecuzione della «legge Madia», oppure integrarlo in un’altra società del gruppo, Asco Tlc. Una sigla estranea ai listini di Borsa ma preferita dalla maggioranza dei soci perché, calcolatrice alla mano, data la diversa quota di controllo, in questo modo sarebbe scongiurato il rischio di perdere il timone della holding e di esporre il gruppo agli appetiti di partner privati.
A optare per un rinvio della decisione sono stati i rappresentanti dell’87% dei soci presenti, praticamente quasi tutti i 90 sindaci meno cinque, motivando la scelta sostanzialmente con l’opportunità di avere in mano due pronunciamenti del Tar di Venezia, attesi per il 20 dicembre e il 19 gennaio. Soltanto dopo, quindi, in una data non definita, l’assemblea tornerà a riunirsi.
Per capire come siano entrati nella vicenda i giudici amministrativi occorre fare un passo indietro. A farvi ricorso sono stati gli esponenti di Plavis, insegna che raccoglie un gruppo di privati quali le famiglie imprenditoriali Stevanato, Codognotto, Dal Mas e De Bortoli, l’imprenditore Oscar Marchetto e l’avvocato Massimo Malvestio, titolari dell’8,6% della Holding e refrattari alla soluzione Tlc. Strada illegale, dicono, in particolare per le delibere in questa direzione approvate all’unisono da una trentina di amministrazioni di fatto filoleghiste, i cui sindaci sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Treviso per falso in atto pubblico.
Al netto del fatto che, sostengono ancora gli anti-Tlc, in questo modo gli obblighi della legge Madia (cioè quelli in capo agli enti pubblici di dismettere le partecipazioni in società non funzionali alla loro mission) probabilmente non verrebbero meno, le quote comunali dovrebbero ugualmente essere cedute a privati (fra Comuni è vietato) e questo avverrebbe a un prezzo inferiore rispetto a quello che le azioni della Holding avrebbero assunto se, invece, con l’integrazione in Ascopiave fossero negoziate nel listino di Piazza Affari. Quindi con l’ulteriore conseguenza di un danno erariale per le amministrazioni comunali cedenti foriero di ulteriori possibili complicazioni legali: i sindaci contrari alla Tlc, in altri termini, potrebbero denunciare i colleghi favorevoli per il fatto di aver praticato una scelta non conveniente per le casse pubbliche.
Perché allora tutta questa insistenza su Tlc? La chiave di lettura è squisitamente politica: con la fusione inversa in Ascopiave, le quote dei sindaci riferibili al Carroccio, ora al 61% circa, si diluirebbe al 30%, troppo poco per esercitare una trazione esclusiva sul profittevole sistema Asco. E i privati alla porta avrebbero la via spianata per scalare la società e impostare un modello di gestione puramente imprenditoriale e indifferente ai colori di partito.