Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Trattato come quel criminale E cinque anni li ho già scontati»

Onichini si sfoga dopo la sentenza: «Speravo che i giudici avessero più coraggio. Io messo sullo stesso piano di un ladro. È un inferno»

- Ro.Pol.

«I miei cinque anni li ho già scontati, sono stati un inferno: ho venduto casa, mi sono trasferito da un’altra parte perché temevo ritorsioni, nessuno può capire quello che la mia famiglia ed io abbiamo passato».

Walter Onichini, vestito con un paio di jeans blu e un pile verde, è protetto dalla schiera di indipenden­tisti che in questi anni non lo hanno lasciato solo in tutti i passaggi giudiziari che ha attraversa­to, fino alla condanna in primo grado. La moglie e gli amici, giunti anche da Brescia e Bergamo, provano a tenerlo lontano dalla stampa, perché «anche voi fate parte del sistema» ci dicono. Poi il macellaio si rende conto che se ha qualcosa da dire lo deve dire ora, per non lasciare che i titoli sui giornali siano solo quelli della condanna inferta dal giudice. Si aspettava un esito come questo?

«Speravo di no, ma temevo potesse accadere. Credevo che i giudici fossero più coraggiosi e invece mi hanno messo alla gogna. In tutti questi anni sono stato esposto al giudizio di tutti, messo alla berlina, ma qui il ladro non sono io, non sono io che sono entrato di notte in casa d’altri, io avevo paura per mio figlio, per mia moglie, ho fatto quello che avrebbero fatto tutti». Intende dire che sparerebbe ancora?

«Non lo so come reagirei un’altra volta, poi penso… che cos’altro potevo fare? Mio figlio piccolo dormiva nella stanza in fianco a noi, ho pensato prima di tutto a lui, è facile giudicare senza essersi mai trovati in queste condizioni, ma lo ripeto, non lo volevo ammazzare».

Ora c’è in ballo un risarcimen­to molto alto, le pesa di più la condanna o i soldi da dare a Ndreca? «Sono allibito per entrambe le cose, ripeto: non sono io il

ladro, sono stato trattato come un assassino, questo paese mi ha messo alla stregua di un delinquent­e. Per fortuna ho avuto tante persone sempre vicine, che non mi hanno abbandonat­o mai».

Ci sono state delle accuse pesanti mosse in aula verso i giudici da parte sei suoi sostenitor­i.

«Ognuno grida quel che si sente dentro, io mi sento in una gabbia da quella maledetta notte: questo Paese è un posto da cui scappare lontano, dicono che le sentenze sono in nome pel popolo italiano ma il popolo italiano è qui, lo vede? È questo qui il popolo italiano ed è con me, questo Stato è lontano dalla gente». Franco Birolo (tabaccaio

che nel 2012 sparò e uccise un ladro entrato in tabaccheri­a ndr) è stato prima condannato e poi assolto in Appello, ora ha deciso di vendere casa e iniziare un nuovo lavoro. Ha mai pensato di fare lo stesso?

«Condivido la scelta di Franco, ci siamo sentiti più volte. Per ora seguo le indicazion­i del mio avvocato e poi vedremo. Certo un risarcimen­to così alto è devastante, inspiegabi­le, non c’è nulla di logico. E in ogni caso la mia vita non è più quella di prima, ho paura. Continuo a lavorare anche per superare l’angoscia». Cosa vorrebbe dire ai giudici?

«Ho detto sempre la verità, non sono stato creduto. Speravo fossero più coraggiosi, ma il sistema sembra essere stato costruito apposta per mettere alla gogna noi che ci difendiamo. Io sono una brava persona e l’ho detto subito anche ai carabinier­i». Conosce la storia di Ndreca, il ladro?

«So che è scappato e che in aula non ha mai voluto rivelare il nome dei complici di quella notte».

Che cosa si sente di dire agli altri commercian­ti che come lei hanno paura?

«Consiglio di andarsene da questo paese, l’Italia i delinquent­i se li lascia scappare e non protegge le brave persone».

Gli occhi lucidi e gli sguardi della moglie e della madre gli fanno capire che è ora di andare. Ma dietro di lui ci sono Rosina Fracasso e Ennio Libero Bedini, due anziani di Piacenza D’Adige massacrati da due marocchini nel 2016. Lui è in sedia a rotelle, non dice una parola. Rosina non trattiene la rabbia e urla forte: «Vergogna a questi giudici, non c’è nessun rispetto per le vittime, ora a Walter e alla sua famiglia pensiamo noi».

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Sopra, Walter Onichini e il suo avvocato Ernesto De Toni, sotto la protesta (foto Bergamasch­i)
Dentro e fuori l’aula Sopra, Walter Onichini e il suo avvocato Ernesto De Toni, sotto la protesta (foto Bergamasch­i)
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