Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

GENOMA, LA MEGA RICERCA FRA PRIVACY E BUSINESS

- di Giampiero Beltotto

Qualche giorno fa l’Universita di Padova ha ospitato un incontro di grande rilievo. Riguardava il rapporto tra genoma, tecnologia, salute e finanza. Principale relatore il professor Francesco Profumo, già Ministro dell’Università, ora Presidente della Compagnia di San Paolo. Tutto bello e interessan­te. Dal nostro genoma, questa la sintesi, partirà una imponente ricerca che riguarderà tutti gli abitanti del pianeta e con i soldi delle banche finanziere­mo le applicazio­ni, in particolar­e la precognizi­one dei nostri infiniti mali: il cancro, l’infarto, il diabete eccetera. Piccola tavola rotonda con ricercator­i e Profumo, applausi, dissolvenz­a, titoli di coda.

Appena accennati alcuni problemi che a me, invece paiono centrali e irrisolti. Partiamo dalla raccolta dei dati. La natura stessa del genoma pone il primo quesito. Infatti, il genoma di Giampiero non appartiene solo a lui ma anche a Tommaso e Silvana, i suoi genitori, e poi a Cesare, suo fratello e infine, a Damiano e Tommaso, i suoi figli. Dunque, nel caso in cui a mio fratello la cessione del mio genoma non garbasse, potrà avvenire il prelievo da cui partirà la grande catena dell’ineluttabi­le progresso? E, a rimorchio di questo primo interrogat­ivo, di natura giuridica, i genomi al momento allo studio, sono pienamente in regola in quanto al diritto di tutti i proprietar­i eventualme­nte coinvolti a essere informati e consenzien­ti? Dalla giurisprud­enza passiamo alla economia. Uno screening della sola popolazion­e della Svizzera, piuttosto modesta quantitati­vamente, avrà un esito economico di 470milioni di dollari: denaro che verrà incassato da chi procederà allo studio. Teniamo in conto che l’apertura della pratica di un solo “genoma”, avvenuta nel Duemila, costò cento milioni di dollari. Oggi la stessa pratica scientific­a è accessibil­e in Occidente a mille dollari, in Cina, mi dicono fonti qualificat­e, a 350 dollari. Insomma, uno screening della popolazion­e mondiale comporterà carrettate di miliardi di utili. Chi incassa sul genoma umano? Posso permetterm­i di ricordare che l’obiettivo del capitalism­o è il profitto? Ho letto la Rerum Novarum, dunque ritengo il profitto un elemento di indiscutib­ile moralità, ma a regole certe, altrimenti non è capitalism­o, ma Far West.

Proviamo ad andare avanti.

Il capitolo tecnologia è, infatti, di grande interesse. Parliamo di dati. Si prevedono numeri superiori da dover comprimere e archiviare pari a milioni e milioni di terabyte. Dati che non sono capace nemmeno di scrivere, tanti sono gli zero necessari. Chi li custodirà, chi ne sarà il proprietar­io, a quali scopi? Quanti individui, sul Pianeta, godranno grazie alla gestione di questi dati di un potere smisurato? Ottimo proposito sconfigger­e il cancro, ma a quale costo? E con quali conseguenz­e politiche, morali, culturali, economiche? Sicuri che la vita umana non sia altro che un pretesto? Ogni fatto ha un suo risvolto “lunare”: senz’acqua si muore, ma con troppa acqua si affoga. Infine, ma solo perché lo scopo di queste righe è incomincia­re a ragionare: e la privacy? Già sappiamo che tutto ciò che è in rete è pubblico. Anzi, tra poco, Corpi dello Stato potranno frugare, a onta della Costituzio­ne della Repubblica, tra le mie mail per indagare sulla mia fedeltà fiscale. Questa offesa al diritto è solo l’antipasto di quel che potrà accadere e forse già accade. Non sono un luddista e nulla ho in contrario a che si ricerchi. Ma vorrei sapere chi e a quale scopo tratta, conserva e gestisce dati così preziosi. Prima e non dopo avere scoperto che della mia vita si può fare strame. Qui mi fermo, ma solo per avvisare chi è arrivato a leggere fin qui che ho pronta una scommessa. Tra cinque anni il Parlamento scoprirà, sbigottito, di non sapere nemmeno di che si parla.

Vincerò la scommessa, lo so e avrò una scusa per chiedere che si disperdano le mie ceneri.

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