Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Trinca: «Veneto Banca-Bpvi, Bankitalia fece pressioni» L’ex presidente: Consoli ai parlamentari ha detto il vero
Certe cose non si dimenticano, specie se hanno innescato una serie di eventi che rischiano di trascinare a fondo chi veniva osannato come uno dei manager più capaci della nostra regione. Almeno fino a tre anni fa.
Quell’uomo è l’ex presidente di Veneto Banca, Flavio Trinca. Dal 29 gennaio 2008 fino alle dimissioni dell’aprile 2014 ha vissuto da vicino l’ascesa e il ruolo di Vincenzo Consoli, che per diciassette anni ha guidato l’istituto di credito di Montebelluna, prima come direttore generale e poi come amministratore delegato. Dai tempi d’oro in cui la banca era un fiore all’occhiello, fino al tragico tracollo che ha tradito la fiducia di migliaia di risparmiatori.
Da quando è partita l’inchiesta della procura capitolina, Trinca, pur rappresentando per se un ruolo marginale e ricordando che era Consoli a prendere le decisioni, non ha mai scaricato su di lui l’accusa di aver commesso degli illeciti. E ora che entrambi si trovano indagati per aggiotaggio e ostacolo all’attività degli organi di Vigilanza (l’udienza preliminare è in corso a Roma) parla per la prima volta delle polemiche seguite all’audizione dell’ex amministratore delegato di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta.
L’ex padre-padrone di Veneto Banca ha raccontato ai commissari che Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza della Banca d’Italia, arrivato a Montebelluna il 6 novembre 2013 per consegnare al Cda il rapporto ispettivo seguito ad otto mesi di verifiche, invitò lui e Trinca a un colloquio riservato. A Trinca che «quasi urlando – ha sostenuto Consoli - chiese a Barbagallo chi fosse il partner di elevato standing con cui aggregarsi, Barbagallo a bassa voce rispose che era la Popolare di Vicenza».
Trinca, la versione di Consoli viene smentita dal capo della Vigilanza, secondo il quale non ci fu alcuna pressione da Bankitalia per una fusione con Bpvi. Ricorda come andò quell’incontro?
«Ricordo ogni istante. E quello che ha detto Consoli è tutto vero. Se a qualcuno interessa la verità, è sufficiente che ascolti ciò che ha sostenuto di fronte alla Commissione: le cose si svolsero esattamente in quel modo».
Quindi le pressioni da Banca d’Italia ci furono?
«Certo che c’erano le pressioni. Vuole che vada a dire delle sciocchezze? Io sono un persona seria e non ho mai fatto male nessuno».
Però anche il presidente di Bpvi nega un intervento da parte di Palazzo Koch… Come giudica le parole di Gianni Zonin?
«Io non giudico: chi ha sentito entrambe le audizioni ne può trarre le conclusioni».
Secondo Consoli, quando vi incontraste con Zonin ad Aquileia per discutere della fusioni, lui vi disse che aveva parlato direttamente con il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Questo legame diretto tra Bankitalia e il presidente della Vicentina, esisteva o no?
«Io non so se Zonin avesse o meno un legame diretto con il governatore. Lui però ha fatto quelle dichiarazioni. Due giorni dopo anche Consoli ha detto la sua. E, lo ripeto, Vincenzo non ha mentito».
Consoli ha anche parlato dell’incontro a casa Boschi. È vero che l’attuale sottosegretario non aprì bocca?
«Questa è la verità: lo scriva, che è la cosa più importante. L’incontro durò circa mezz’ora e la Boschi accolse noi e l’allora presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari. Le presentammo le nostre considerazioni e lei ci ascoltò con interesse. Ma non commentò».
Ritiene che ci fu un piano per danneggiare Veneto Banca e favorire altri istituti?
«Questo lo dice lei. Io sono sotto inchiesta, e di questo è meglio che non parli. Più in generale, per rispetto del lavoro della magistratura non posso entrare nei dettagli: quando questa cosa sarà finita potrò finalmente essere libero di esprimermi. Ma tutto quello che le ho detto è ciò che, in coscienza, è avvenuto. Per il resto, ognuno può credere o meno che ci sia stata una strategia dietro al crollo di Veneto Banca…».
A proposito dell’inchiesta…
«L’udienza preliminare è in corso, e anche se nel mio intimo so di non aver fatto nulla di illegale purtroppo le cose sono andate in questo modo. La magistratura valuterà l’adeguatezza delle decisioni assunte da Consoli, ma il mio ruolo era equiparabile a quello di uno qualunque degli altri consiglieri di amministrazione: non avevo alcuna delega particolare. Per questo ho fiducia nel lavoro dei giudici, e nella possibilità di uscire bene da tutta questa vicenda».