Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Bitonci-Marcato guerra aperta per le politiche Grandi manovre sulla segreteria
I telefoni squillano, quasi nessuno si sottrae nonostante il sabato pre festivo per eccellenza. Eppure i microfoni restano rigorosamente spenti, con poche eccezioni. Sono le ore cruciali, con buona pace del cenone di fine d’anno, in cui si tessono freneticamente le candidature per essere infilati in lista. Mai come in questo periodo c’è l’assalto alla diligenza dei listini bloccati. Soprattutto nel Carroccio. Fa gola uno scranno sicuro in parlamento. Per non farsi mancare nulla, poi, c’è anche chi vede sobbollire regolamenti di conti interni e scalate alla segreteria nazionale (si legga regionale) come in casa Lega. Delle ultime settimane i veleni che hanno portato al commissariamento dell’Alta padovana e alla sospensione del giovane Daniele Canella, ragazzo forte sul territorio di Roberto «bulldog» Marcato, assessore regionale alle attività produttive (in foto). Sarebbe miopia non leggere nello scontro fra il segretario provinciale Andrea Ostellari e Canella un duello fra gregari. Dietro ci sarebbe uno scalpitante Massimo Bitonci (indebolito da qualche addio fra i suoi fedelissimi), attuale presidente che punta con decisione all’ambo: il ritorno a Roma e, possibilmente, la defenestrazione dell’attuale segretario Toni Da Re spedito a Milano a sorbirsi la ramanzina di Matteo Salvini sul pasticciaccio brutto del Camposampierese e di ritorno in patria con l’ingrato ruolo del commissario proprio nell’Alta padovana. Non l’ideale per raccogliere consensi fra i militanti. L’altro nome sulla bocca di tutti è quello di Marcato che taglia corto: «Ciò che faccio ora è, da leghista, importante e gratificante. Detto ciò, sono un soldato e obbedirò a quello che mi chiederà il partito». Ecco, detto dall’uomo che, un po’ come il principe del Galles (quello che abdicò per amore e che era amato dalle folle) ha avuto problemi al braccio per i troppi selfie (per il principe di Galles erano le troppe strette di mano), si può tradurre con una disponibilità ad andare a Roma ma solo con un incarico operativo, come minimo capogruppo. Quanto alla segreteria veneta, si vedrà a inizio 2019, scadenza naturale di Da Re. E, intanto, arrivano decine e decine di autocandidature, corredate da curricula, da parte degli aspiranti parlamentari del Carroccio. In molti casi si tratta di altrettanti Carneade ma tutti ben disposti a firmare un paio d’assegni, un acconto di 5 mila e un saldo di 20 mila euro in caso di candidatura effettiva. La trentina di seggi destinati alla Lega secondo le proiezioni non sono, però, affatto liberi da prelazioni neppure troppo velate. Sembra certa la rampa di lancio verso Roma per gli 8 segretari provinciali (per Venezia Sergio Vallotto, nel Veneto orientale Luca Tollon, Erik Pretto a Vicenza, Paolo Paternoster a Verona, Paolo Saviane a Belluno, Stefano Falconi a Rovigo, Dimitri Coin a Treviso e Ostellari a Padova). Di più. Non sarebbero in discussioni le riconferme degli uscenti Filippo Busin, Paolo Tosato ed Erika Stefani, una delle poche donne in lizza anche se circolano i nomi di Arianna Lazzarini ex consigliere regionale e di Luisa Serato, attuale presidente di Cav. Uomo di Da Re è Franco Manzato, ex assessore regionale, trevigiano, e pronto a salire a cavallo per scendere nella capitale.