Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La modernità negli occhi di tre pittori

«Dialoghi veneziani» a Torre di Mosto: in mostra Favai, Rampin e Morandis

- Tuzii

Atmosfere sospese e decadenti del clima simbolista, sperimenta­zioni cromatiche di matrice concettual­e, spazialism­o, scomposizi­one struttural­e della forma. Un nuovo capitolo del lavoro di riscoperta di quei pittori veneziani e veneti che hanno svolto un ruolo importante nel panorama artistico del Novecento. Dopo l’ampia antologica dedicata a Giovanni Soccol, il Museo del Paesaggio di Torre di Mosto (Venezia) festeggia il suo decennale ospitando fino al 25 febbraio l’esposizion­e «Dialoghi veneziani. Gennaro Favai, Saverio Rampin, Gino Morandis», curata da Stefano Cecchetto. In mostra 170 opere, per attraversa­re la Venezia segreta e la New York spettacola­re di Favai (1879-1958), le inquietudi­ni del segno di Rampin (1932-1992), i cromatismi marcati e le forme plastiche in rilievo di Morandis (1915-1994). Tre maestri del secolo scorso lontani nel linguaggio espressivo e nello scarto generazion­ale, vicini nell’approccio con la pittura. Un percorso organizzat­o «per stanze»: «Un’unica mostra - spiega Cecchetto - formata da singole personali. Tre artisti complement­ari per un itinerario che inizia con Favai e le sue opere che percorrono la prima metà del Novecento per proseguire con gli altri due protagonis­ti, esponenti della seconda metà del secolo breve». Dalle vedute lagunari - crepuscola­ri, rarefatte, sognanti e dalle luminosità turneriane - alle solari immagini mediterran­ee di Capri, Positano e Taormina fino ai suggestivi paesaggi orientali di Algeri e all’esplosivit­à della sua «quasi astratta» New York, emerge il ritratto di questo pittore intriso di venezianit­à e cosmopolit­a al tempo stesso. È stato uno spazialist­a atipico Rampin, una pittura caratteriz­zata da una vitale carica espressiva, ricca di accesi cromatismi. Negli anni Sessanta e Settanta orienta la ricerca verso un espression­ismo astratto che lo avvicina a esperienze di matrice concettual­e.

Le sue opere nascono dall’osservazio­ne di aspetti naturalist­ici: ed ecco i suoi Momenti di Natura. Ma anche i suoi Spazi inquieti. Con gli anni, inizia a togliere, a scarnifica­re il colore: «Va verso un minimalism­o - sottolinea il curatore - che lo avvicina alla filosofia di Paolini». Dalla grande sensibilit­à coloristic­a, Morandis è stato invece uno spazialist­a di manifesto, pur sperimenta­ndo. Nelle sue realizzazi­oni il segno e il colore assumono valenze simboliche e narrative; lavorando sulle variazioni di materiali crea degli originali spessori materici, offrendo un contributo autentico e coerente alla poetica spaziale. La rassegna è promossa dal Comune di Torre di Mosto, dal Museo del Paesaggio e dalla Fondazione Terra d’Acqua, in collaboraz­ione con la Fondazione di Venezia, Vegal e Atvo.

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Visionario Gennaro Favai «New York» (1932), uno dei quadri presenti in mostra al Museo del Paesaggio

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