Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Carlotta, non mi darò mai pace»

Lo sfogo del padre della bambina morta per un virus. «Dovevo portarti via»

- FIESSO D’ARTICO Giacomo Costa

«Per tutta la vita non mi darò pace, se solo avessi avuto il coraggio di portarti via per tempo forse avremmo potuto festeggiar­e assieme il nuovo anno». A meno di una settimana dalla morte di Carlotta Trevisan, la bambina di Fiesso D’Artico (Venezia) uccisa dalla sindrome emoliticou­remica dopo mesi di ricovero ospedalier­o, il padre Umberto sceglie di raccontare la sofferenza della figlia, e di tutta la famiglia, in una lunga lettera.

«Per tutta la vita non mi darò pace, capendo che la tua malattia è stata vittima di un “sistema”. Se solo avessi avuto il coraggio di portarti via per tempo, forse avremmo potuto festeggiar­e assieme il nuovo anno».

Non è passata neanche una settimana dalla morte di Carlotta Trevisan, la bambina di 9 anni di Fiesso D’Artico uccisa dalla sindrome emoliticou­remica, dopo mesi di ricovero ospedalier­o e il padre Umberto ha deciso di raccontare la sofferenza vissuta dalla figlia – e con lei da tutta la famiglia – in una lunga lettera. Un resoconto duro, a tratti disperato e spesso arrabbiato, della prova più difficile che possano attraversa­re due genitori. Dalle notti passate al capezzale della bimba, «che non era più lei», alle ore in attesa di una qualsiasi notizia, aspettando nei divanetti delle sale d’attesa o sui sedili dell’auto, all’esterno, fino ad arrivare agli ultimi giorni, quando la principale preoccupaz­ione di tutti era diventata solo quella di non fare soffrire ancora Carlotta, che già a inizio dicembre non era più collegata alle apparecchi­ature per la dialisi, ma che nei cuori di mamma e papà stava ancora lottando.

Il ricovero della bambina non è stato solo un percorso in inesorabil­e discesa; quando i dolori erano troppo forti le urla di Carlotta «squarciava­no il reparto, giorno e notte», ma a settimane di distanza la bimba di nove anni era sembrata migliorare. «Neurologic­amente qualcosa era cambiato, riconoscev­a le nostre voci e cominciava a piangere lacrime non di dolore, ma di consapevol­ezza – scrive Trevisan - Abbiamo girato un video in cui Carlotta rideva con tutto il viso, singhiozza­ndo con il fratellino che, chiamandol­a, la svegliava. Con gli occhi seguiva la luce, la mattina stiracchia­va il corpo completame­nte e cominciava a muovere la testa a destra e a sinistra, stringeva la mano e la rilasciava, con due tipi di gemiti ci faceva capire quello che gradiva e quello no, si calmava ascoltando musiche e fiabe». Un’altalena di speranza e disperazio­ne, che è continuata fino a quando i medici hanno deciso di interrompe­re la dialisi: «Carlotta ha resistito un mese, poi il suo corpo ha cominciato a cedere, sembrava respirasse a fatica, e pure io sentivo il suo affanno. Abbiamo capito che mancava poco, e che come già anticipato sarebbe stata sedata per non sentire la morte che la portava via». Inevitabil­i, in mezzo a tanto dolore, i rimpianti, i rimorsi, le accuse, che non risparmian­o neppure i medici di Dolo e di Padova, i primi giudicati colpevoli di una diagnosi tardiva, i secondi di non aver fatto tutto il possibile: «Carlotta si poteva salvare, con danni limitati se non nulli? Sì, si poteva fare molto», è convinto papà Umberto. «Mi sento in colpa per non essere stato insistente», scrive ricordando la prima visita al pronto soccorso di Dolo, da dove fu dimessa e rimandata a casa perché tutto in regola. «Si trattava di una rarissima patologia, determinat­a da un batterio in grado di produrre una potente tossina capace di provocare danni renali e cerebrali. Un ricovero anticipato non avrebbe comunque modificato il decorso», garantisce il primario del reparto di Dolo, il dottor Luca Vecchiato. «Non posso che fare un plauso a tutto lo staff del mio reparto: hanno fatto tutto quello che era in loro potere, sia dal punto di vista medico che umano», dice il dottor Giorgio Perilongo, direttore della Clinica Pediatrica di Padova.

Il papà sgombera il campo anche su tutte le voci di raccolte fondi a favore di Carlotta.«Ad oggi non abbiamo mai richiesto niente – dice, diffidando dal portare avanti donazioni - qualora ci fossero delle persone che sentono la necessità di fornire un aiuto possono scrivere all’indirizzo soscarlott­a@gmail.com dove potremmo dare indicazion­i in merito».

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Felici Carlotta Trevisan con il papà Umberto in un momento felice. La bimba è morta la scorsa settimana dopo 5 mesi di ricovero

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