Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Vertice in procura tra pm e poliziotti Interrogat­i gli uomini della vigilanza

Acquisite le immagini riprese dalle telecamere che controllan­o San Marco

- Eleonora Biral

L’ipotesi Un colpo pianificat­o da settimane, forse perfino da mesi

Quasi un’ora. È il tempo che ieri i vertici VENEZIA della squadra mobile di Venezia e dello Sco (il Servizio Centrale Operativo) di Roma hanno trascorso all’interno dell’ufficio del pubblico ministero Raffaele Incardona.

Dopo aver passato al setaccio ogni angolo di palazzo Ducale, gli investigat­ori hanno depositato la relazione che contiene tutti gli elementi raccolti da cui partire per cercare di risolvere quello che, in laguna, è stato definito il furto del secolo: un paio di orecchini e una spilla rubati alla mostra dedicata ai tesori del Moghul e dei Maharaja. Gioielli in oro, platino e diamanti che valgono tra i due e i tre milioni di euro e che sono di proprietà di Hamad bin Abdullah Al Thani, lo sceicco del Qatar.

La squadra mobile lagunare, guidata da Stefano Signoretti, in questi giorni sta sentendo tutti i responsabi­li della sicurezza che mercoledì, il giorno del furto, erano in servizio a Palazzo Ducale. Dalle due guardie armate della società milanese «Axitea» ai tre guardiasal­a che mercoledì mattina non sono riusciti a fermare una coppia di ladri che, però, è stata ripresa dalle telecamere.

Le immagini mostrano due uomini «travestiti» da turisti con giubbotti, sciarpe e berretti. Mentre uno dei due si assicura che la Sala dello Scrutinio, dove erano esposti i due gioielli rubati, sia libera, il complice infila la mano coperta da un guanto sotto la teca. Armeggia una manciata di secondi, apre l’espositore, preleva i gioielli e li infila in tasca. Poi esce.

Il video mostra un ladro che agisce a colpo sicuro: appena entra nella sala individua subito la teca da aprire (finge di guardare gli altri preziosi esposti ma il suo sguardo punta sempre al bottino). In secondo luogo perché mostra una certa sicurezza nell’aprire la teca. L’uomo aveva qualcosa in mano: un pezzo di plastica, forse, o addirittur­a una sorta di «chiave» per aprire la serratura della teca.

Il questore Vito Danilo Gagliardi all’indomani del furto aveva dichiarato che la teca sarebbe stata forzata ma la facilità e la velocità con cui ha agito il ladro porta a non escludere che qualcuno avesse già preparato tutto. «Un colpo del genere non può essere stato messo a segno solo da due persone», aveva già detto Gagliardi. E questo lascia immaginare che all’interno i due banditi avessero dei complici e che nelle ultime settimane ci siano stati dei sopralluog­hi. Qualcuno a cui, forse, prima di allontanar­si seguendo il percorso d’uscita, i banditi potrebbero aver consegnato i gioielli.

L’allarme, inoltre, è scattato con un minuto di ritardo. Tra le ipotesi, oltre alla complicità di qualcuno che aveva accesso al sistema, anche l’utilizzo di un dispositiv­o, come un jammer, per eluderlo e, quindi, «ritardarlo».

Negli uffici di Santa Chiara gli investigat­ori stanno lavorando nel massimo riserbo insieme ai colleghi dell’Ert (Esperti ricerca tracce) della polizia scientific­a di Roma e dello Sco, guidato da Alfredo Fabbrocini. Lo stesso team che risolse il caso dei quadri rubati a Castelvecc­hio.

I ladri, che sono fuggiti dirigendos­i verso le procuratie e, probabilme­nte, si sono allontanat­i in direzione Rialto, hanno lasciato pochissime tracce. Segno che il loro è stato un colpo pianificat­o da settimane, probabilme­nte da mesi e potrebbero aver scelto non a caso l’ultimo giorno di apertura della mostra allestita a Palazzo Ducale, nel cuore di Venezia, per entrare in azione.

La polizia sta passando al setaccio le immagini registrate dalle telecamere di tutta la zona: da piazza San Marco alle possibili vie di fuga. Oltre a quelle interne a palazzo Ducale che risalgono ai giorni precedenti al furto, quando potrebbero aver compiuto un ultimo sopralluog­o.

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