Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Manuzio, letterato editore innamorato della cultura greca
Avendo di fronte il latino dei classici e dall’altra parte il volgare dei nuovi poeti, ad Aldo Manuzio sembrò naturale rivolgere le sue prime e più durature attenzioni di editore al greco di una tradizione quasi smarrita, che comprendeva non solo gli insuperati modelli della poesia e del teatro, ma anche i fondamenti del sapere -la filosofiae della storia, e poi si allargava al moltiplicarsi delle fonti ellenistiche e ai primi testi evangelici.
Certo l’affermarsi della civiltà dell’Umanesimo durante il XV secolo aveva spalancato orizzonti inesplorati, più ampi dell’aristotelismo e del platonismo, che pur emergevano imponenti dalle remote oscurità del passato, ma prioritario alla fine del secolo diventò il confronto diretto con un corpus testuale meno lacunoso e incerto dei grandi maestri, corpus che intanto con gli sforzi della generazione precedente si era venuto formando e consolidando.
Non stupirà, dunque, che, a cominciare dall’Organon (1495), tra i primi dieci libri pubblicati da Aldo in tre anni (‘95-97), ben quattro siano di quell’Aristotele, «principe assoluto tra gli autori greci», che Ermolao Barbaro, Angelo Poliziano e Pico della Mirandola da decenni raccoglievano e correggevano pazienti, cui un altro ne aggiunse l’anno successivo a completare una sorta di primitiva omnia: «Che la conoscenza delle lettere greche sia necessaria per gli uomini del nostro tempo -scriveva nella dedica al diletto allievo Alberto Pio III principe di Carpi- è ormai opinione di tutti... e, di fatto, gli adolescenti e i giovani che si dedicano alle lettere greche sono numerosi quasi quanto quelli che si dedicano alle lettere latine» (Aldo Manuzio, Lettere predatorie a edizioni greche, a cura di Claudio Bevegni con un saggio di Nigel Wilson, Adelphi, pp. 280, € 22,00).
Già nel 1498 e poi nel 1503, Manuzio stamperà i primi listini della sua produzione editoriale selezionando proprio i testi greci che ne rappresentavano la più significativa originalità, che rivendicava con orgoglio chiedendo complicità e sostegno: «Il nostro è un progetto bellissimo e utilissimo: tutti lo dicono e lo ripetono all’unisono con parole di elogio», anche se contemporaneamente «mi sono procurato fastidi senza fine, fatiche senza fine», tanto che «in tutti questi anni non ho avuto neppure un’ora di completa tranquillità» e «spesso non ho il tempo né per mangiare, né per liberare il ventre» e «non riesco nemmeno a soffiarmi il naso».
Aldo però non desiste e, passo dopo passo, costruisce la sua impresa, trasforma i modi della produzione editoriale mettendone al centro il «letterato editore», disegna caratteri sempre più semplici ed eleganti, prova formati più maneggevoli, come il tascabile che sta in una mano e si può portare sempre con sé, inventa la marca con l’ancora e il delfino e sceglie il motto
festina lente -affrettati lentamente-, circondandosi dei migliori correttori e filologi, che a Venezia arrivavano anche da lontano -Grecia o Bisanzio.
D’altronde, la scelta di Venezia da parte di Aldo si era certamente fondata su i consolidati rapporti della Serenissima con i centri del Mediterraneo orientale, oltre che sull’esistenza di un sistema di traffici con pressoché tutti i paesi europei che favoriva anche la distribuzione dei libri.
«Nonostante le guerre e pur in mezzo alle armi -scriverà Aldo, dimentico per un momento delle quotidiane fatiche, con “una gioia straordinaria”-, quelle lettere che per tanti secoli hanno languito sepolte nell’oblio sono ritornate alla luce..., a vivere» anche per suo merito che dello studio del greco si è fatto promotore fino all’ultimo, riuscendo anche ad affiancare ad Aristotele anche Platone (1513), proprio mentre si diffondeva l’entusiasmo per le nuove scoperte di terre, mari e popoli, «sconosciuti perfino ai Romani, signori del mondo».
«Quanto siano indispensabili le lettere greche agli uomini del nostro tempo» sarà il tema di uno splendido discorso di Scipione Forteguerri, uno dei membri più vivaci dell’Accademia Aldina, che Manuzio si affretterà a stampare «a beneficio degli studiosi».
Gli «uffici» veneziani Il noto umanista, per la distribuzione, sfruttò ottimamente i rapporti con la Serenissima