Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Migliaia di opere d’arte scomparse
Le banche dati delle forze dell’ordine: un colpo ogni 15 giorni, chiese e ville primi obiettivi
In Veneto avviene un VENEZIA furto di beni culturali ogni quindici giorni, specie all’interno di case private e luoghi di culto. E sono migliaia le opere mai recuperate inserite nella banca dati del nucleo dei carabinieri specializzato nel recupero dei tesori. Tra i «ladri illustri» anche Hitler che ordinò di prelevare delle tele da un palazzo veneziano.
La dirigente del Segretariato del ministero dei Beni culturali di Venezia, Renata Codello, in pratica il coordinatore dei sovrintendenti, spiega che «il Veneto è la prima regione d’Italia per numero di beni sotto tutela». E, si potrebbe aggiungere, è anche all’ottavo posto per furti a danno del patrimonio artistico.
È una storia vecchia di secoli, che alterna sconosciuti protagonisti a uomini illustri. Senza rispolverare la vicenda del Leone che dalla colonna di piazza San Marco fu trasferito a Parigi da Napoleone (e poi restituito nel 1815), in pochi sanno che nel 1941 Hitler pretese di prendersi le nove tele di Sebastiano Ricci che a Venezia abbellivano il soffitto di palazzo Mocenigo. «L’asportazione fu perpetrata dall’ambasciata tedesca che si servì della valigia diplomatica e con il soffitto partirono altre 36 casse contenenti 112 pezzi tra sculture e dipinti», annotò Rodolfo Siviero, lo 007 dell’arte che ha dedicato la vita a inseguire le opere asportate dai nazisti. Tra i dipinti che, a guerra finita, i tedeschi rifiutarono di riconsegnare all’Italia, ci sono proprio quelle nove tele che, a 77 anni di distanza, si trovano oggi alla Gemäldegalerie di Berlino.
Nella relazione 2017 del nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei carabinieri, si contano 24 furti compiuti in Veneto nel 2016, in pratica uno ogni 15 giorni. Complessivamente, in dodici mesi, in Italia sono stati messi a segno 449 colpi, che hanno consentito di trafugare settemila oggetti, con un aumento del 21 per cento. I saccheggi avvengono soprattutto ai danni dei privati, che si sono visti portare via poco meno di 4mila opere. Seguono i luoghi di culto (1.772 oggetti sottratti) e le esposizioni temporanee (758), come la mostra «Tesori dei Moghul e dei Maharaja: la Collezione Al Thani» che ha chiuso mercoledì a Venezia dopo il clamoroso furto dei monili in platino e diamanti.
Proprio i gioielli di valore artistico sembrano far gola ai criminali: nel 2016 ne sono stati rubati 406, il 130% in più rispetto all’anno precedente. Sono comunque al sesto posto degli oggetti più trafugati: a quanto pare i ladri sembrano preferire i francobolli rari, le sculture e i dipinti, ma anche i libri e gli oggetti religiosi. Forse perché è più facile rivendere il ritratto di Andrea Palladio attribuito al Maganza e rubato nel Vicentino il 2 ottobre 2014, all’interno di villa Valmarana ai Nani (ritrovato dalla polizia nell’abitazione di una giovane moldava), piuttosto che la spilla e la coppia di orecchini indiani sottratti a Palazzo Ducale, il cui valore commerciale sarebbe di circa tre milioni di euro.
In Veneto, il nucleo Tutela Patrimonio ha sede a Venezia e conta dieci investigatori altamente specializzati. Pochi? Non necessariamente, visto che possono contare sull’appoggio dei cinquemila carabinieri sparsi tra le 32 compagnie, le quaottro tenenze e le 270 stazioni della regione.
La «Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti» conta qualcosa come un milione e 200mila opere trafugate e mai ritrovate, migliaia quelle razziate dal nostro territorio. Tra queste, i carabinieri hanno inserito il bottino della mostra sui Maharaja, la cui descrizione (e le foto) è quindi ora a disposizione anche dell’Interpol: significa che la caccia ai gioielli rubati si è già estesa a livello internazionale.
«Esistono - spiega un investigatore - due tipi di ladri di opere culturali. I “disperati”, che neppure conoscono fino in fondo il reale valore di ciò che hanno sottratto e che si ritrovano quindi a rivenderlo faticosamente, spesso per pochi soldi. E gli “esperti”, che in genere sono stranieri, molto preparati e che si muovono dopo aver studiato con cura il colpo. Questi ultimi, sovente agiscono per conto di un committente. E visto che il mercato nero dell’arte è ormai globalizzato, l’ordine di rubare un’opera può partire dall’Italia come dalla Svizzera o dagli Stati Uniti». Ma dove finisce la refurtiva? «Raramente viene esposta in casa, è troppo rischioso. Più spesso finisce in qualche caveau o in una cassetta di sicurez- za. E l’unico che può goderne è colui che ne ha ordinato il furto». Il mercato - legale o meno - non conosce crisi. «Vista l’altissima presenza di opere spiega la sovrintendente Codello - negli ultimi anni c’è un rinnovato interesse, da parte degli appassionati, verso gli oggetti storico-artistici presenti nella nostra regione. È chiaro che un simile tesoro attira chiunque desideri possedere un capolavoro. E allora, per proteggere il meglio del nostro patrimonio culturale, non basta che le forze dell’ordine stiano al passo con le tecnologie, sempre più innovative, utilizzate dai ladri: serve la collaborazione di tutti. È tempo che anche i cittadini sentano la responsabilità di salvaguardare l’arte che li circonda».