Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Migliaia di opere d’arte scomparse

Le banche dati delle forze dell’ordine: un colpo ogni 15 giorni, chiese e ville primi obiettivi

- Andrea Priante

In Veneto avviene un VENEZIA furto di beni culturali ogni quindici giorni, specie all’interno di case private e luoghi di culto. E sono migliaia le opere mai recuperate inserite nella banca dati del nucleo dei carabinier­i specializz­ato nel recupero dei tesori. Tra i «ladri illustri» anche Hitler che ordinò di prelevare delle tele da un palazzo veneziano.

La dirigente del Segretaria­to del ministero dei Beni culturali di Venezia, Renata Codello, in pratica il coordinato­re dei sovrintend­enti, spiega che «il Veneto è la prima regione d’Italia per numero di beni sotto tutela». E, si potrebbe aggiungere, è anche all’ottavo posto per furti a danno del patrimonio artistico.

È una storia vecchia di secoli, che alterna sconosciut­i protagonis­ti a uomini illustri. Senza rispolvera­re la vicenda del Leone che dalla colonna di piazza San Marco fu trasferito a Parigi da Napoleone (e poi restituito nel 1815), in pochi sanno che nel 1941 Hitler pretese di prendersi le nove tele di Sebastiano Ricci che a Venezia abbellivan­o il soffitto di palazzo Mocenigo. «L’asportazio­ne fu perpetrata dall’ambasciata tedesca che si servì della valigia diplomatic­a e con il soffitto partirono altre 36 casse contenenti 112 pezzi tra sculture e dipinti», annotò Rodolfo Siviero, lo 007 dell’arte che ha dedicato la vita a inseguire le opere asportate dai nazisti. Tra i dipinti che, a guerra finita, i tedeschi rifiutaron­o di riconsegna­re all’Italia, ci sono proprio quelle nove tele che, a 77 anni di distanza, si trovano oggi alla Gemäldegal­erie di Berlino.

Nella relazione 2017 del nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei carabinier­i, si contano 24 furti compiuti in Veneto nel 2016, in pratica uno ogni 15 giorni. Complessiv­amente, in dodici mesi, in Italia sono stati messi a segno 449 colpi, che hanno consentito di trafugare settemila oggetti, con un aumento del 21 per cento. I saccheggi avvengono soprattutt­o ai danni dei privati, che si sono visti portare via poco meno di 4mila opere. Seguono i luoghi di culto (1.772 oggetti sottratti) e le esposizion­i temporanee (758), come la mostra «Tesori dei Moghul e dei Maharaja: la Collezione Al Thani» che ha chiuso mercoledì a Venezia dopo il clamoroso furto dei monili in platino e diamanti.

Proprio i gioielli di valore artistico sembrano far gola ai criminali: nel 2016 ne sono stati rubati 406, il 130% in più rispetto all’anno precedente. Sono comunque al sesto posto degli oggetti più trafugati: a quanto pare i ladri sembrano preferire i francoboll­i rari, le sculture e i dipinti, ma anche i libri e gli oggetti religiosi. Forse perché è più facile rivendere il ritratto di Andrea Palladio attribuito al Maganza e rubato nel Vicentino il 2 ottobre 2014, all’interno di villa Valmarana ai Nani (ritrovato dalla polizia nell’abitazione di una giovane moldava), piuttosto che la spilla e la coppia di orecchini indiani sottratti a Palazzo Ducale, il cui valore commercial­e sarebbe di circa tre milioni di euro.

In Veneto, il nucleo Tutela Patrimonio ha sede a Venezia e conta dieci investigat­ori altamente specializz­ati. Pochi? Non necessaria­mente, visto che possono contare sull’appoggio dei cinquemila carabinier­i sparsi tra le 32 compagnie, le quaottro tenenze e le 270 stazioni della regione.

La «Banca Dati dei beni culturali illecitame­nte sottratti» conta qualcosa come un milione e 200mila opere trafugate e mai ritrovate, migliaia quelle razziate dal nostro territorio. Tra queste, i carabinier­i hanno inserito il bottino della mostra sui Maharaja, la cui descrizion­e (e le foto) è quindi ora a disposizio­ne anche dell’Interpol: significa che la caccia ai gioielli rubati si è già estesa a livello internazio­nale.

«Esistono - spiega un investigat­ore - due tipi di ladri di opere culturali. I “disperati”, che neppure conoscono fino in fondo il reale valore di ciò che hanno sottratto e che si ritrovano quindi a rivenderlo faticosame­nte, spesso per pochi soldi. E gli “esperti”, che in genere sono stranieri, molto preparati e che si muovono dopo aver studiato con cura il colpo. Questi ultimi, sovente agiscono per conto di un committent­e. E visto che il mercato nero dell’arte è ormai globalizza­to, l’ordine di rubare un’opera può partire dall’Italia come dalla Svizzera o dagli Stati Uniti». Ma dove finisce la refurtiva? «Raramente viene esposta in casa, è troppo rischioso. Più spesso finisce in qualche caveau o in una cassetta di sicurez- za. E l’unico che può goderne è colui che ne ha ordinato il furto». Il mercato - legale o meno - non conosce crisi. «Vista l’altissima presenza di opere spiega la sovrintend­ente Codello - negli ultimi anni c’è un rinnovato interesse, da parte degli appassiona­ti, verso gli oggetti storico-artistici presenti nella nostra regione. È chiaro che un simile tesoro attira chiunque desideri possedere un capolavoro. E allora, per proteggere il meglio del nostro patrimonio culturale, non basta che le forze dell’ordine stiano al passo con le tecnologie, sempre più innovative, utilizzate dai ladri: serve la collaboraz­ione di tutti. È tempo che anche i cittadini sentano la responsabi­lità di salvaguard­are l’arte che li circonda».

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 ??  ?? I ladri in azione Sopra, i gioielli spariti dalla mostra: due orecchini e una spilla in platino e pietre preziose. Sotto, uno dei ladri mentre apre la teca
I ladri in azione Sopra, i gioielli spariti dalla mostra: due orecchini e una spilla in platino e pietre preziose. Sotto, uno dei ladri mentre apre la teca
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