Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I SIMBOLI VENETI DEL ’68
Cinquant’anni fa il ’68. Un anno denso, di quelli in cui sembra che la storia corra più veloce, che arrivi a realizzare obiettivi impensabili. In cui, come disse uno slogan di quel tempo, si possa perfino chiedere l’impossibile.
In Veneto il ’68 iniziò climaticamente gelido (dicono le cronache che a Padova il termometro arrivò a -12 e la laguna di Venezia ghiacciò) ma socialmente già caldo. Infatti a Padova l’11 gennaio vennero occupate cinque facoltà e la polizia entrò nell’ateneo denunciando 150 studenti. Si chiesero le dimissioni del rettore, in carica dal 1949. L’anno inizia così, ma sappiamo che il ’68 si dilata nel tempo, comincia già con le agitazioni degli studenti nel 1964 all’apparire del progetto di riforma universitaria voluto dal padovano Luigi Gui, ministro dell’Istruzione, e corre poi per tutti gli anni settanta.
Alle elezioni politiche del maggio 1968 apparentemente tutto si ripete come da copione: la Dc in Veneto sfiora il 53% dei voti e la regione sembra mantenersi rigorosamente bianca e moderata. Eppure negli anni precedenti il ‘68 alcuni indicatori sociali suggerivano che la modernizzazione si stava accentuando mentre il film «Signore e signori» di Pietro Germi coglieva nel 1965 un Veneto profondo comunque prossimo al cambiamento. Il ’68 (e gli anni seguenti) fa da grande quanto imprevisto acceleratore di tale cambiamento.
Ed è paradigmatico oggi constatare che la contestazione in Veneto si affacciò nei tre spazi più simbolicamente forti di allora. Il primo è, come s’è detto, l’università, Padova in primis, quando ancora gli studi universitari non erano di massa e quando gli studenti andavano all’esame in giacca e cravatta. Il secondo momento contestativo forte avviene in aprile a Valdagno, nel cattolicissimo vicentino, quando gli operai in lotta osano abbattere la statua del conte Gaetano Marzotto, fondatore dell’azienda e figura storica dell’imprenditoria veneta. Con la statua cade anche una filosofia di gestione improntata al paternalismo aziendale: d’altronde il ’69 e l’autunno caldo erano alle porte. Il terzo luogo simbolico in cui divampa la contestazione non poteva essere che Venezia, tradizionale vetrina della Mostra del cinema. Il 25 agosto l’inaugurazione ufficiale è bloccata, si chiede una Mostra «autogestita» e anche qui interviene la polizia. Negli anni successivi non verranno più assegnati premi, che saranno ripristinati solo nel 1980.
Cinquant’anni fa erano sei milioni gli adolescenti tra i 15 e i 20 anni in Italia, quasi 400 mila in Veneto: non ci sono mai stati, e ne più ci saranno, così tanti giovani di quella fascia di età. «Noi siamo i giovani», cantava Catherine Spaak nel 1964, l’anno del boom delle nascite. E il ’68 sarà l’anno degli studenti, ma soprattutto dei giovani. E del giovanilismo di oggi, mezzo secolo dopo.