Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Donna fatta a pezzi, fermato il convivente
Verona, l’accusa è di omicidio e distruzione di cadavere. Fermato anche il nipote dell’albanese
Fermato con l’accusa VERONA di aver ucciso e fatto a pezzi la compagna. Agim Ajdinaj avrebbe avuto come complice il nipote di 27 anni.
Il passo incerto, i movimenti rallentati e un fisico minuto. Era Khadija, la sua compagna marocchina di 46 anni ritrovata a pezzi lo scorso 30 dicembre a Valeggio, ad accudirlo in tutto e per tutto. Ma, secondo le indagini dell’Arma, sarebbe stato proprio lui a ucciderla. E con l’accusa di omicidio e distruzione di cadavere, venerdì sera l’ hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto su disposizione del pm Giovanni Pietro Pascucci. Impossibile, per ora, conoscere il movente che abbia portato Agim Ajdinaj, pensionato albanese di 51 anni, a compiere un gesto tanto brutale. Ma una cosa è certa: è stato aiutato. E infatti nelle stesse ore i carabinieri hanno fermato anche suo nipote Lisand Ruzhdija, 27 anni, gravemente indiziato di aver aiutato lo zio a distruggere il corpo e di averlo poi trasportato fino al campo di Gardoni di Valeggio.
Un’indagine lampo, ma non ancora terminata, dalla quale filtrano pochi particolari. L’appartamento al primo piano del palazzo di piazzale Olimpia, dove Agim Ajdinaj e Khadija Bencheick vivevano da circa un anno, è stato posto sotto sequestro subito dopo il fermo dell’uomo (così come il garage). E non è escluso che il delitto possa essere stato consumato proprio lì. Sarà l’autopsia, che ha già rivelato che ad uccidere la donna sono stati più colpi al capo con un oggetto contundente, a dover chiarire l’orario esatto del decesso. La datrice di lavoro della vittima ha raccontato ai militari di averla salutata il 29 sera. E con ogni probabilità Khadija quella sera è tornata a casa dal suo compagno (nel 2009 aveva divorziato da un connazionale). Serviranno altri accertamenti tecnici per arrivare a scoprire l’arma del delitto e, soprattutto, il luogo in cui è stato smembrato il cadavere. Non si esclude che tutto possa essere stato realizzato proprio all’interno di quell’appartamento dove Agim ha continuato a vivere anche nei giorni successivi all’omicidio.
Ma al di là di qualsiasi eventuale novità che potrebbe emergere dalle indagini, resta aperto un enorme interrogativo: come può un uomo come Agim, gravemente limitato nel fisico dalla malattia, aver avuto la meglio su una donna piena di vitalità e non certo «minuta» come Khadija? Le indagini finora avrebbero confermato che, almeno per sbarazzarsi del cadavere, il pensionato ha richiesto l’aiuto del nipote, studente che vive da solo in città e che, il 30 dicembre, avrebbe guidato fino a Valeggio per abbandonare i resti. Resta da capire il motivo per il quale abbia deciso di concorrere in un delitto del genere. Ma non è da sottovalutare il vincolo dei legami di sangue che unisce la comunità albanese. Come se qualcuno, forse lo stesso Agim, avesse ritenuto che la donna le avesse mancato di rispetto e dovesse essere punita. Sono state proprio le frequentazioni di Khadija il primo «terreno» battuto dai carabinieri. E la pista passionale, magari quella di un delitto scaturito dalla gelosia, è una di quelle ritenute più plausibili.
«Ma come si fa? Tagliare a pezzi la persona che vive e che bada a te tutti i giorni? Ma quale cuore può avere un uomo così?». Scoppia in lacrime il nordafricano titolare di una bottega a pochi metri dal palazzo in cui viveva la coppia. «Ma avete visto come fatica a camminare quell’uomo? — si sfoga —. Come può averla uccisa da solo? Se aveva problemi con lei, la poteva lasciare andare e basta». Sono parole di rabbia e dolore quelle di Samira Chabib, la presidente dell’associazione «Saadia» che oggi in piazza Bra, a Verona, dalle 14.30 alle 17 ha organizzato una manifestazione in memoria di Khadija: «Sono sconvolta: il mostro si nascondeva ancora una volta in casa. Le donne hanno bisogno di maggiori tutele».