Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Un nuovo quartiere ai Pili bufera su sindaco e tycoon «Non è il solo interessato»
Il magnate di Singapore, l’area di Brugnaro e i conflitti d’interessi
Hotel, villette residenziali, VENEZIA darsena, negozi e persino uffici. Nessuno ha ancora visto il progetto di sviluppo dei Pili, ma già scoppia la bufera. I 40 ettari di terreni a ridosso della prima zona industriale appartengono alla società «Porta di Venezia» del sindaco Luigi Brugnaro e l’idea che possano essere valorizzati con una sorta di nuovo quartiere urbano fa saltare tutti sui banchi, dai consiglieri comunali di minoranza ai sindacati. Sollecitato a mettere fine ai suoi presunti conflitti di interesse, prima di Natale, il sindaco ha creato un
blind trust per le sue aziende e le sue proprietà e ora che sembra certo che il tycoon di Singapore Ching Chiat Kwong – già proprietario di palazzo Donà (acquistato nel 2016 da Ive) e, a breve, dell’ex scuola Poerio – intenda investire proprio ai Pili con un progetto faraonico che porterebbe la firma degli architetti Tobia Scarpa e Fabiano Pasqualetto, stanno sorgendo dubbi proprio sul «fondo cieco».
«Un espediente fatto apposta per consentire questa operazione», tuona il consigliere dem Nicola Pellicani, che ha chiesto chiarimenti sullo sviluppo dei Pili con un’interrogazione. «Brugnaro non può recitare sette parti in commedia - aggiunge - deve decidere se vuole fare il sindaco o lo sviluppatore immobiliare». «Queste voci confermano la necessità del massimo di trasparenza e chiarezza amministrativa», dice il senatore Mdp Felice Casson, sconfitto da Brugnaro nel 2015. Per il capogruppo del Pd Andrea Ferrazzi «il blind trust agevola la vendita dell’area ad altri privati, invece di tutelare gli interessi della città». «Un’area pagata 5 milioni acquisirebbe con tale progetto un valore di 30-40 volte il prezzo di acquisto continua Ferrazzi, ex assessore all’Urbanistica - con un plusvalore per le tasche private di Brugnaro di più di 150 milioni di euro».
Si tratta di questioni che non toccano Kwong, magate cinese che, dopo essere stato agente di polizia, ha fatto fortuna con gli «shoebox apartment», i condomini alveare. Solo a Londra ha speso 321 milioni di euro per acquistare parte del molo sul Tamigi e realizzarvi quasi 3.400 appartamenti e anche a Dublino vuole costruire nel quartiere North Dock, a conferma che le aree portuali dismesse gli piacciono. Ma, a Londra e a Dublino, i rispettivi consigli comunali avevano già stabilito lo sviluppo residenziale dei dock e, soprattutto, il sindaco non aveva proprietà in quelle aree. Inoltre, Venezia è soggetta a rigide normative di tutela ambientale: se il progetto prendesse corpo dovrebbe ottenere il via libera della Sovrintendenza, del consiglio comunale (chiamato a votare il cambio di destinazione d’uso) e di Regione e governo: i Pili vanno bonificati.
Ieri Brugnaro non è intervenuto sulla vicenda. «Il sindaco ha fatto il blind trust, l’azienda farà le sue trattative e quando ci sarà qualcosa di ufficiale, sarà esposta la posizione dell’amministrazione», ha però precisato il suo staff. L’avvocato Luca Gatto, amministratore di Porta di Venezia e anche membro del cda della Reyer, rimanda a una conferenza stampa a breve «per chiarire tutto e correggere le tante imprecisioni», ma non nasconde che Kwong si è fatto avanti. «Non è un nome fatto a caso, così come altri potenziali investitori si sono interessati - afferma - Per ora non c’è nulla di concreto, nessun rendering: solo ipotesi. Il palazzetto? Va fatto, ma non so dirle se sarà ai Pili o altrove».
Il consigliere fucsia Maurizio Crovato è consapevole che il dibattito in Comune sarà «spumeggiante», ma «da amministratore penso sia un bene che un’area del genere possa essere riqualificata», dice. Pochi però la pensano come Crovato, a partire dai sindacati. «L’area con sbocco al mare deve rimanere a vocazione industriale - dice Paolo Bizzotto, segretario generale di Cisl - la parte interna, vicina a Vega e padiglione Aquae, andrebbe dedicata alla ricerca scientifica». Enrico Piron, segretario confederale di Cgil, scrive una lettera a Kwong: «La sua visione imprenditoriale configge con le aspettative del territorio e i desiderata del sindaco - si legge - l’area ha un vincolo industriale che è bene che sia mantenuto con attività manifatturiere, industriali, start up e ricerca: partecipi anche lei alla re-industrializzazione».
Ferrazzi Area pagata 5 milioni, ne varrà 30-40 volte di più. Plusvalenza 150 milioni
Piron
L’area ha un vincolo industriale che deve essere mantenuto