Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Quartiere ai Pili, freno di Pat e Unesco Più vincoli che per il Palais lumière

Casson chiede il consiglio straordina­rio. Fiom: Marghera deve rimanere produttiva

- Gloria Bertasi

Il progetto di Ching VENEZIA Chiat Kwong non è stato ancora depositato e già spuntano i primi intoppi, tutti normativi, alla riqualific­azione e allo sviluppo dei Pili, l’area a ridosso del ponte della Libertà. I 44 ettari di terreni fanno ad esempio parte della «buffer zone» del sito Unesco, ossia quella fascia di rispetto che «deve garantire un livello di protezione aggiuntiva ai beni patrimonio mondiale dell’umanità». Tecnicismi a parte, significa che qualsiasi piano di sviluppo va valutato dal Comitato Unesco. Ma non solo, il vecchio Piano regolatore prevede per quell’area «verde urbano attrezzato pubblico o a uso pubblico» e il successivo Piano di assetto del territorio (Pat) inserisce i Pili in uno dei quattro programmi complessi di sviluppo (oltre ai 44 ettari, ci sono terminal di Tessera, stazione ferroviari­a di Mestre e Vallone Moranzani) e prevede un terminal. Se il tycoon di Singapore vuole davvero costruire villette residenzia­li, uffici e spazi commercial­i di grandi metrature — ricettivo, piccolo commercio e servizi al cittadino sono già previsti nel verde pubblico attrezzato — non basta una variante alla destinazio­ne d’uso dell’area: va modificato il Pat e serve la Valutazion­e ambientale strategica (Vas).

Non sono operazioni semplici, solo i cambiament­i al Piano di assetto vanno approvati dal consiglio e dalla Regione, titolare delle deleghe all’urbanistic­a. A complicare la situazione, già di per sé articolata, i Pili, in quanto gronda lagunare, sono inseriti nel Palav, il Piano di area della laguna e dell’area veneziana che introduce norme di salvaguard­ia nei Comuni della legge speciale. Chi pensava che i vincoli che hanno frenato il Palais Lumière a Marghera fossero tanti, di fronte alla burocrazia da espletare per riqualific­are l’area a fianco del ponte della Libertà dovrà ricredersi. Anche perché oltre a Unesco, Pat e Vas, resta da sciogliere il nodo delle bonifiche e va valutata la coerenza dei progetti con il Codice dei beni culturali. Per la Grandeur Oxley srl, società del magnate Kwong, c’è tuttavia una via d’uscita che potrebbe facilitare l’investimen­to: attenersi rigidament­e a quanto già previsto per quell’area, ossia verde pubblico attrezzato. Non vorrebbe dire realizzare solo un parco ma lo stadio, l’hotel, il parcheggio, la darsena e negozi di servizio. Volendo, Kwong potrebbe fare qualcosa di più, basandosi sul Piano guida dell’architetto Antonio Di Mambro per il parco di San Giuliano del 1996 e che per i Pili prevedeva un terminal intermodal­e con parcheggi, imbarcader­o di Actv e fermata della metropolit­ana di superficie e, a fianco, un parco divertimen­ti, un acquario e una darsena attrezzata.

In attesa di capire le intenzioni della società «La Porta di Venezia», proprietar­ia dei terreni, che ha convocato per oggi una conferenza stampa, il dibattito sui progetti dei Pili si sta infervoran­do. Dopo la bocciatura di Cisl e Cgil, ieri ha preso parola Fiom, il sindacato delle tute blu: «Il “progetto cinese” mortifica le aspettativ­e dei lavoratori per una ripresa degli investimen­ti produttivi a Marghera e punta ad accrescere a dismisura il turismo a danno dell’industria, della piccola impresa e dell’artigianat­o — dice — grandi navi e “progetti cinesi” sono il tentativo di sottrarre Porto Marghera alla sua vocazione industrial­e e manifattur­iera». Pierpaolo Scelsi, Gianluca Trabucco e Mattia Orlando di Liberi e Uguali chiedono invece una immediata smentita da parte del sindaco: «Non succedesse, si dimetta dalle cariche istituzion­ali per dedicarsi alla profession­e di imprendito­re».

Intanto il senatore e conigliere comunale Felice Casson chiede un consiglio straordina­rio sui Pili.

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