Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Morto stritolato in un macchinari­o» La verità che incastra padre e figlio

I titolari avevano detto che Dalan era caduto da solo, ma il corpo era stato spostato

- Gi. Co.

Proprio un anno fa, il 16 gennaio 2017, è morto nell’azienda di autodemoli­zioni per cui lavorava, in quello che i titolari avevano descritto allo Spisal come un tragico ma banale incidente: una semplice caduta da tre metri d’altezza, rivelatasi fatale. Ma le indagini della procura di Venezia, coordinate inizialmen­te dal pm Roberto Terzo e poi dalla collega Carlotta Francesche­tti, hanno svelato una verità ben diversa: Andrea Dalan, 40enne di Oriago, è morto stritolato dai denti di una «benna a polipo» – macchinari­o per spostare carichi pesanti – guidato dal padre del titolare della ditta per cui lavorava. A ottobre il pm Francesche­tti ha chiuso le indagini e ora Gianni e Michele Vivian, di 74 e 44 anni, che sono stati indagini per il reato di omicidio colposo e violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, finiranno quasi certamente a processo.

Fin dall’inizio la storia raccontata dai titolari dell’autodemoli­zione Vivian di Mirano era sembrata sospetta agli ispettori Spisal: nella ricostruzi­one di padre e figlio (quest’ultimo non era in azienda al momento della tragedia), Dalan era precipitat­o dall’alto, ma le ferite non sembravano compatibil­i con la storia e presto è apparso chiaro che il corpo era stato spostato dopo il decesso in un’area differente dell’officina. Gli esami autoptici e le indagini Spisal hanno confermato i sospetti e raccontato ben altra vicenda: Gianni Vivian avrebbe azionato il macchinari­o mentre Dalan era impegnato ad agganciare alla benna un motore imbrigliat­o in una catena e quando i rebbi del «ragno» si sono chiusi è rimasto intrappola­to tra i denti ed è subito morto per insufficie­nza cardiocirc­olatoria e respirator­ia da shock emorragico.

Gianni Vivian ovviamente deve rispondere della manovra errata, ma lui e il figlio sono accusati anche, in qualità di titolari, dell’inosservan­za delle norme per la prevenzion­e degli infortuni sul lavoro e di non aver effettuato la valutazion­e dei rischi per l’immagazzin­amento e la movimentaz­ione dei motori, di non aver formato personale per l’utilizzo delle attrezzatu­re e per rispondere alle emergenze e di non aver messo a disposizio­ne dei lavoratori strumentaz­ioni adeguate. Ora si apre un nuovo capitolo, che come anticipato potrà coincidere con un’inchiesta di rinvio a giudizio per Gianni e Michele Vivian, ma per Ermes Trovò, presidente dello studio 3A che assiste la famiglia di Dalan fin dai primi giorni dopo l’incidente mortale, già questi risultati sono «una prima, importante risposta alle accorate istanze dei famigliari di Andrea, nel primo anniversar­io della sua tragica scomparsa».

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