Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

SE IL PIL È UN IDOLO BUGIARDO

Nuove gerarchie in laguna, Delrio e Cantone nominano una triade per dirimere il nodo finanziame­nti

- Di Vittorio Filippi

Sono probabilme­nte tre le news oggi più spesso lette e compulsate, quelle da cui riteniamo dipenda il nostro benessere. O la nostra felicità. Si tratta del meteo, dell’andamento della Borsa e del Pil. Non importa se di quest’ultimo si dica che non è proprio vero che misuri la dinamica della ricchezza (un «idolo bugiardo» venne definito) dato che non vede molte cose e soprattutt­o calcola i valori aggiunti – nemmeno tutti – ma ignora i valori sottratti, come i costi ambientali e sociali.

La Cgia di Mestre stima che quest’anno il Veneto sarà la prima regione italiana per crescita del Pil: più 1,6 per cento, cui seguiranno Emilia e Lombardia; Italia più 1,3. Anche se i dati previsti non ci permettono ancora di correre come ai tempi precrisi, fa piacere essere in testa alla classifica. Sarebbe ancora meglio se il segno più avesse delle ricadute sulle vite vere delle persone, ma questo è un discorso più complesso che rimanda alla disuguagli­anza. Piuttosto bisogna dire che c’è Pil e Pil. Lo dice uno studio della Confcommer­cio italiana sul cosiddetto «Pil equilibrat­o». Equilibrat­o tenendo cioè conto nel suo calcolo alcuni costi sociali ed ambientali che corrono dietro alla produzione ed al consumo come degli ospiti insistenti e indesidera­ti. Confcommer­cio in pratica toglie al Pil i valori monetari di tre fattori penalizzan­ti: le emissioni di anidride carbonica, la mortalità per incidenti stradali e sui luoghi di lavoro e la variazione dei poveri assoluti.

VENEZIA L’ultima lettera era stata mandata a Roma dai commissari pochi giorni dopo Capodanno. E segnalava l’enorme problema di cassa del Consorzio Venezia Nuova, che sta cercando di completare i cantieri del Mose, denunciand­o inoltre che ci sarebbero nelle casse del Tesoro oltre 300 milioni di «fondi residui» – cioè assegnati negli anni scorsi e poi accantonat­i perché non erano stati fatti lavori a sufficienz­a, quando non addirittur­a arrivati anni dopo il loro stanziamen­to – che ovviamente sarebbero come l’acqua nel deserto in questo momento. «C’è bisogno di chiariment­i», aveva detto sibillino il presidente dell’Anac Raffaele Cantone nei giorni scorsi. E’ anche per questo che mercoledì scorso il ministro delle Infrastrut­ture Graziano Delrio, d’intesa con lo stesso Cantone e il prefetto di Roma Paola Basilone (titolare del commissari­amento del Cvn), ha nominato un gruppo di lavoro interistit­uzionale, «al fine di acquisire elementi informativ­i e valutazion­i sulla gestione dei finanziame­nti stanziati per la realizzazi­one degli interventi per la salvaguard­ia della laguna di Venezia». Il gruppo è formato da tre esperti, uno per ente: il generale della Finanza Cristiano Zaccagnini, ufficiale di collegamen­to presso l’Anac, Michelange­lo Lo Monaco, segretario generale presso la Prefettura di Roma, e Alberto Chiovelli, capo-dipartimen­to per i trasporti del ministero.

A Roma cercano di «sminuire» la decisione, ma è evidente che in laguna la notizia, ufficializ­zata ieri con un comunicato stampa di Delrio, è arrivata come una bomba. E subito si è parlato di «commissari­amento-bis» per il Mose, dopo quello avviato alla fine del 2014 quando si era in piena bufera per lo scandalo tangenti e gli arresti del 4 giugno precedente. In realtà, a leggere tra le righe il provvedime­nto, ad essere nel mirino sembrerebb­e il provvedito­re alle opere pubbliche Roberto Linetti, colui che gestisce i finanziame­nti, che infatti ieri, interpella­to, ha risposto con un secco «no comment». I commissari invece hanno preso la decisione come una «ragionevol­e iniziativa».

Non è un mistero infatti che negli ultimi mesi tra Linetti e i commissari Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola ci sia stata qualche diversità di vedute sul futuro della grande opera che dovrebbe salvare Venezia dall’acqua alta. Il primo a imporre una linea «dura», basata sulla tesi che il suo ufficio dovesse pagare al Cvn solo i cosiddetti «Sal» (gli stati di avanzament­o dei lavori); i secondi – soprattutt­o Fiengo, visto che Ossola si occupa nello specifico dei cantieri – a sottolinea­re che il Consorzio in questi tre anni ha dovuto far fronte anche a pagamenti che con i lavori non avevano niente a che fare, come le multe dell’Agenzia delle Entrate o i mutui Bei per i quali non erano stati fatti in passato gli accantonam­enti dovuti. I commissari – che inoltre hanno sempre cercato di rivendicar­e il loro ruolo di «soggetto pubblico» alla pari del Provvedito­rato, lamentando di essere trattati invece quasi come il Cvn di prima o una «bad company» di cui diffidare – da tempo lamentano di non essere in grado di fare il loro dovere per la mancanza di finanziame­nti «spendibili».

Di fronte a queste liti, nella lettera di inizio gennaio i commissari avevano chiesto un tavolo istituzion­ale in cui confrontar­si su questi argomenti. Delrio, Cantone e Basilone hanno invece deciso di mandare a Venezia un gruppo di lavoro che dirima le questioni. Anche perché il rischio è che i lavori del Mose si fermino, come già sta accadendo, perché la carenza di cassa del Consorzio sta mettendo in crisi tante imprese che lavorano alle dighe. Il caso più eclatante è quello di Mantovani, che ha annunciato 172 esuberi e che ora dovrebbe ricevere oltre 35 milioni di lavori, ma anche Grandi Lavori Fincosit e Condotte sono in difficoltà – sebbene per altri motivi – tanto che quest’ultima, nonostante nei giorni scorsi abbia vinto un appalto da 77 milioni in Polonia, ha chiesto il concordato e proprio nei giorni scorsi il tribunale di Roma ha nominato i tre commissari giudiziali. Per non parlare dei subappalta­tori.

 ??  ?? Barriere mobili Le dighe che si alzano dal fondo della laguna per fermare l’alta marea e proteggere Venezia dall’acqua alta
Barriere mobili Le dighe che si alzano dal fondo della laguna per fermare l’alta marea e proteggere Venezia dall’acqua alta

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